Chi ha visto la miniserie della Disney sul delitto di Sarah Scazzi sarà rimasto stupito della flessione dialettale avetranese straordinariamente autentica delle protagoniste e protagonisti non pugliesi. Come hanno fatto? A fargli scuola è stato l’attore Vito Mancini, di Avetrana appunto, ingaggiato dalla produzione come “dialetct coach”. A rivelarlo è stato lo stesso professionista che vive da anni a Roma ma che non dimenticato le sue origini e il suo dialetto.
Che si sappia, dunque, che la destrezza nell’uso del dialetto di chi ha interpretato i ruoli dei protagonisti di “Qui non è Hollywood” (la bravissima Vanessa Scalera a parte originaria di Latiano nel ruolo di Cosima Serrano), è stata garantita dal supporto del professionista avetranese doc.
È stato lui stesso a dirlo, con orgoglio, ringraziando gli attori del cast per l’eccezionale lavoro svolto insieme. Tra questi, la più fortunata per la pronuncia (e forse anche la più brava) Vanessa Scalera.
Compito non facile perchè ogni dialetto è una lingua a sé che cambia, come i pugliesi ben sanno, da un comune all’altro anche all’interno della stessa provincia. L’eccezionale performance degli attori, non solo di Vanessa, ma anche di Federica Pala (Sara Scazzi), Giulia Perulli (Sabrina Misseri), Paolo De Vita (Michele Misseri), Imma Villa (Concetta Serrano) e Giancarlo Commare (Ivano Russo) - citando solo i principali attori delle quattro puntate - è il risultato dell’intonazione, dell’accento e del ritmo del dialetto avetranese che Vito ha insegnato loro.
Il risultato è stato un successo di critica e di numeri: grazie anche al “dialect coach”, la serie televisiva, tanto contestata dall’amministrazione avetranese di Antonio Iazzi, è stata a lungo nella top 10 delle serie più viste in Italia. Un gran risultato che dovrebbe inorgoglire Avetrana, ma che a detta del sindaco e dei suoi avvocati, rappresenterebbe un’immagine retrograda e omertosa della comunità. Eppure, le polemiche non hanno fermato il grande successo della serie che ha saputo catturare l’essenza di Avetrana proprio attraverso il suo dialetto.
Ne è convinto lo stesso Mancini che da addetto ai lavori e sangue avetranese ha parlato così dell’opera e della sua esperienza sul set. “Avetrana, qui non è Hollywood” - scrive-,è un’opera d’arte che, attraverso un linguaggio cinematografico raffinato e un’interpretazione intensa, affronta un tema delicato con grande sensibilità. Essere nato e cresciuto ad Avetrana - prosegue l’attore - e aver lavorato come dialect coach su questo progetto, mi ha permesso di contribuire attivamente a dare voce alla mia gente che per la prima volta viene raccontata per quello che è: una comunità travolta da una tragedia”.
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