Nel 2015 la decisione della Igeco, che allora aveva in gestione l’appalto di raccolta rifiuti e pulizia spiagge, di licenziare tre dipendenti stagionali perché ritenuti improduttivi, generò la forte protesta dei lavoratori che rischiarono l’arresto. I tre fratelli manduriani, Piero, Michele e Giuseppe Spadavecchia, per rivendicare i loro diritti in maniera tutt’altro che pacifica, furono denunciati e finirono sotto processo con l’accusa di tentata estorsione. Dopo sette anni da quei fatti, i tre imputati difesi dagli avvocati Cosimo Micera, Vito Vitelli e Giuseppe Argentino, sono stati assolti dal giudice Filippo Di Todaro che ha riqualificato il pesante reato contestato (tentata estorsione) con quello più lieve di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone che è punibile solo dietro querela presentata da chi subisce l’offesa. Così i tre se la sono cavata con sette anni di patimenti processuali e naturalmente con la perdita del posto di lavoro che non hanno più ottenuto.
I fatti si consumarono a luglio del 2015 quando i tre, tutti dipendenti precari della Igeco che li aveva impiegati nella pulizia delle spiagge, ricevettero il benservito dall’azienda. La loro reazione impulsiva li portò prima nella sede della società situata a Uggiano Montefusco dove protestarono violentemente contro il responsabile locale della Igeco. Poi la loro protesta si spostò in municipio dove furono ricevuti dall’amministratrice dell’impresa, dall’allora sindaco Roberto Massafra e dal suo vicesindaco, Gianluigi De Donno. La plausibile rabbia dei tre fratelli superò il limite sopportabile tanto da fare intervenire le forze dell’ordine alla presenza delle quali i fratelli Spadavecchia continuarono ad inveire contro la responsabile della Igeco e nei confronti dei due amministratori. Volarono parole grosse e minacce, tutto alla presenza dei carabinieri che nella loro informativa inviata in Procura chiesero l’arresto dei tre lavoratori con l’accusa dell’estorsione per minacce finalizzate ad ottenere la riassunzione. Il gip respinse la richiesta di misura cautelare chiesta dalla pubblica accusa e si aprì il processo.
Gli avvocati difensori in sede di dibattimento hanno fatto notare che i comportamenti contestati ai loro assistiti, non avevano fatto scattare la misura del fermo in flagranza da parte delle numerose forze dell’ordine presenti, proprio perché le condotte poste in essere dai lavoratori «non richiedevano un intervento in tal senso! Poiché si trattava «di una protesta sindacale portata avanti in malo modo dai manifestanti per evidenti limiti lessicali o culturali». Escluso questo, la difesa ha fatto poi notare che l’unico reato contestabile sarebbe stato quello dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza che per essere punito doveva essere validato con la querela delle presunte vittime. In effetti né l’amministratrice della Igeco, né i due amministratori comunali e neanche il dirigente locale dell’impresa ritennero allora necessario denunciare il comportamento dei tre fratelli. Da qui la loro assoluzione.
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1 commento
Marco
gio 17 marzo 2022 07:34 rispondi a MarcoPurtroppo l' azienda, commissariata per infiltrazioni mafiose, ha deciso che fossero improduttivi e queste decisioni non credo possano essere contestate/contraddette...