La vita ci pone quasi sempre di fronte a situazioni con cui confrontarci, rivelando tutto il nostro modo d’essere individui della specie a cui apparteniamo. Da un po’ di tempo viene esaltata, da un pensiero, sovrano, di pochi, la superiorità di una specie sull’altra in questo pianeta che comincia a divenire vecchio e stanco. La specie umana e’ diventata, in assoluto, la grande dominante: non a caso, l’attuale era planetaria, è quella dell’antropocene. Antropos, uomo che riesce a modificare il pianeta su cui vive senza che il pianeta stesso si evolva a suo carico.
E così, per effetto umano, quello che era, questa terra, non è più. Modificata, velocemente, com’è per atmosfera, acqua, clima, flora, fauna e, persino, nel modo in cui tutto l’esistente vitale deve affrontare la sopravvivenza.
Anche la specie umana deve sfidare le criticità che, peraltro, da se stessa provocate. Ultimamente questa specie, che ama definirsi dell’ homo sapiens, e’ sempre più determinata a vivere il calvario dell’autoestinzione. Derivata dalla concezione animalesca del depredare. Avere privando gli altri. Occupare territori, che si ritengono ricchi (di che?) con violenze, orrori e guerre per appropriarsene. Questo a danno di tutte le specie viventi. Se un microbo, batterio, virus, si oppone ai piani di onnipotenza, meglio eliminare, ignorando che sono proprio questi ad aiutarci a vivere: nulla sulla terra è per caso o inutilità. Questo vale anche, e di più, per piante, alberi. Sono lì per proteggerci per non farci soffocare, come una madre attenta al respiro del proprio pargolo.
Purtroppo anche questi nostri “amici” che, se non molestati, ci accompagnano per tutta la nostra esistenza, vengono ritenuti ostacoli alla razzia, al saccheggio. Attributo espresso da menti che sconfinano nella criminale follia di danneggiare tutto e tutti coloro dell’umano genere. Genìa contro nobil razza.
Ora quegli alberi che abbiamo, per sorte o volontà, e che sempre più fanno fatica a sopravvivere, insieme agli umani, sono e devono essere monumenti alla vita vera, quella che naturale è, e non per determinazione umana (vita brutta).
Quegli alberi del “viale” sono a noi amici. Ci han visto crescere ed essi han visto crescere molti di noi, dandoci il fresco e, quando sfrondano, anche più calore. Gli amici non si tradiscono o sopprimono: atto inqualificabile.
Schierarsi, partecipando ad una piacevole adunata di amici degli amici, si può dare il segno, a chi si ritiene “io”, che non sarà mai Dio; potrà essere soltanto uno che per ignobili scopi, sarà consegnato alla damnatio memoriae nella storia di una città della cui “ sanità” è scriteriatamente avulso.
Abbracciamo quegli alberi chiedendo perdono dei misfatti che noi di questa schiatta, chiamata umana, commettiamo con orgogliosa supremazia. Io sono albero.
Egidio Pertoso
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1 commento
Dino
gio 18 luglio 17:35 rispondi a DinoIl proverbio dice ,,Morte tua ,vita mia🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑🤑