Rispondo con piacere alla lettera inviatami da Claudio Rimoli, volto noto ai lettori de La Voce di Manduria ed ora anche mio coinquilino nello “spazio ospiti” di questo giornale.
Claudio scrive:
“Purtroppo, è da moltissimo tempo che non svolgo fisioterapia. E non per una mia scelta. Meglio specificarlo subito”
Ecco, quando un percorso riabilitativo, che sia somministrato da azienda pubblica o privata, si interrompe bisogna sempre motivarlo al paziente. In quel caso se gli obiettivi erano stato raggiunti, quanto meno dei consigli e delle strategie per mantenerli nel tempo. Chiamasi educazione del paziente che per mancanza di tempo non pratichiamo in maniera corretta.
E ancora
“La mia speranza è anche quella di ritrovare la fiducia perduta, attraverso l’inizio di un percorso che possa essere il più condiviso possibile. Aspetto che è sempre mancato le volte precedenti quando svolgevo terapia domiciliare.”
Trovare un percorso che sia il più condivisibile possibile dal paziente è una delle basi della riabilitazione. Se il fisioterapista si concentra su un aspetto che per il paziente è superfluo, lo deve motivare, magari è indispensabile per migliorarne altri importanti per il paziente. Se effettivamente paziente e fisioterapista vogliono andare in direzioni differenti può iniziare a mancare come è successo a te, Claudio, la fiducia, che a sua volta innesca reazioni come perdita di motivazione nell’affrontare le sedute, perdita di aderenza al trattamento, fino al totale fallimento della riabilitazione.
Per te Claudio fisioterapia vuol dire avere un motivo per alzarsi dal letto la mattina e migliorare la tua qualità di vita. Non è una penalizzazione eseguire terapie domiciliari. Spesso la carta vincente è proprio notare la disposizione delle stanze, degli oggetti e dei mobili che devono essere quanto più funzionali possibile alle condizioni funzionali del paziente.
Ti auguro di ricominciare presto un’adeguata riabilitazione da mantenere nel tuo caso il più a lungo possibile perché semplicemente la necessiti.
Un abbraccio dal tuo “collega” fisioterapista Matteo Erario
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3 commenti
Roberto V
gio 20 ottobre 2022 11:10 rispondi a Roberto VCaro Matteo, poche righe per dire che sono assolutamente d'accordo con tutto ciò che hai scritto e aggiungo qualche riflessione sui benefici a catena delle terapie riabilitative e sulla motivazione a farle. Oltre a chi ricorre alla fisioterapia per patologie acute, per moltissime persone che purtroppo sono affette da varie patologie croniche o da diverse tipologie e grado di handicap, è non solo necessario effettuare queste terapie, ma deve essere un "lavoro" quotidiano. Non è solo un rinforzo della mobilità, della postura, del ripristino di un certo grado di attività, significa alleviare dolori, migliorare posizioni sbagliate, ripristinare nei limiti del possibile delle funzioni che la patologia non permette. E la "riattivazione del corpo" (è una definizione un po' personale) permette di risvegliare la mente, rimotivarsi, trovare le forze per superare i limiti imposti dalla malattia.
Matteo Erario
ven 21 ottobre 2022 05:36 rispondi a Matteo ErarioCiao Roberto hai espresso cosa vuol dire educazione al paziente, ha forza ed evidenza in tante linee guida. Ci vuole pazienza affinché venga compresa, somministrata a "pillole" perché l'attenzione e la memoria umana è labile e facilmente ricadiamo nella nostra comfort zone, motivo per cui accadono alle volte recidive di disordini muscolo-scheletrici comuni. La piaga della mia professione è che si sta adeguando a trattamenti di non comprovata efficacia, vedi Tecar o altro per puro business e perché la gente non capisce che nella maggior parte delle volte non è una terapia passiva ( che sia appunto dispositivi medicali, manipolazioni vertebrali, eccetera) che risolve il problema. Non hanno effetti a lungo termine questi trattamenti. Possono al massimo essere integrati con altre modalità di trattamento più efficaci come farmaci per patologie acute e il sacro santo esercizio terapeutico.
Roberto V
ven 21 ottobre 2022 09:18 rispondi a Roberto Vpenso sia legata alla comunicazione sanitaria che promette miracoli e alla piaga del tutto e subito pubblicizzata su internet. E le malattie croniche purtroppo subiscono molto la piaga del "tutto e subito" fatta di fake news. Ben venga la tua rubrica, proprio perchè credo nel fatto che una persona preparata (e quindi un paziente in questo caso!) sia più consapevole di fronte al proprio terapeuta, al centro rispetto alle figure professionali che lo trattano e inneschi un sistema virtuoso fatto di buone pratiche.