Il primo minuto di “The O A” resterà scolpito nella mente di chi vede la serie. Le immagini sono quelle di uno smartphone che riprende, dall'interno di una macchina ferma nel traffico, su di un ponte, fuori dal finestrino. Una donna in vestaglia attraversa la strada, si siede sulla ringhiera del ponte, si volta a guardare in camera, poi si getta nel vuoto. In sottofondo le parole della bambina che riprende:”Si è buttata.” The OA è la serie di Netflix uscita a dicembre, realizzata da Brit Marling e Zal Batmanglij, scritta da entrambi, interpretata dalla prima e diretta dal secondo. Brit Marling è la sorprendente attrice statunitense già protagonista del piccolo capolavoro “Another earth”, e sempre perfettamente a suo agio nel ruolo della ragazza sola, dall'incredibile talento, al quale però nessuno crede. E' praticamente impossibile definire “the O A” con un solo genere, o incasellarlo in una qualche struttura narrativa tipica o meno. In questa serie ci sono tutti questi temi: vita dopo la morte, super poteri, drammi famigliari, l'adolescenza, la perdita di un famigliare, riti religiosi e pagani, la mafia russa, la psicosi, la cecità. Ci si ritrova sballottolati da una parte all'altra, seguendo due filoni narrativi, tendenzialmente il presente e il passato. E' difficile rimanere indifferenti ad una trama così fitta di temi anche totalmente contrastanti l'uno dall'altro, è quindi altresì difficile riuscire a non arrivare all'ottava ed ultima puntata della serie. Eppure una volta digerito tutto ciò si viene assaliti da una marea di dubbi, più dal punto di vista dello sviluppo della narrazione che non da quello delle domande esistenziali e non che la trama ci pone. The OA non dà il tempo di metabolizzare ciò che di interessante viene raccontato che subito introduce un nuovo tema completamente diverso. Risulta quindi difficile per lo spettatore credere a ciò che accade nella storia, appena viene approfondito un tema si cambia completamente punto di vista, al quale però ci viene richiesto di crederci immediatamente, per poi, dopo poco abbandonarlo nuovamente. Si rischia così, per riuscire a parlare di tutto, di non parlare di nulla. Questo intacca anche la regia in toto. Le atmosfere, in stile thriller psicologico, dovrebbero riuscire ad emozionare nei momenti più salienti ma questo invece non accade mai, dal momento che non è possibile soffermarsi su di una emozione che è già tempo di passare al prossimo tema da introdurre. Valutazione 3 su 5 Antonio Cofano
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