
Ho un punto di vista, diciamo, "privilegiato": ho la possibilità di osservare giornalmente il comportamento della prima agenzia educativa per antonomasia nei confronti dei figli. La famiglia.
Ecco, i genitori non hanno più dei figli. Nel 90% dei casi hanno in casa un piccolo dio da idolatrare e venerare, senza se e senza ma. La cosa che più mi sconvolge è che spesso gli atteggiamenti di idolatria, di cui i protagonisti non si rendono neppure conto, provengono da gente insospettabile, da gente pronta a condannare in modo fermo episodi come quello che ci sta facendo balzare in questi giorni agli "onori" delle cronache, salvo poi comportarsi in modo del tutto simile a ciò che condannano. Provengono, insomma, da gente "perbene".
Un'idolatria che inizia fin dalla più tenera età (parlo di bambini di scuola dell'infanzia) e fatta di continui rimbrotti nei confronti degli altri bambini che sicuramente sono peggio del proprio pupo, fatta di atteggiamenti di "sfida" malcelata nei confronti degli insegnanti (percepiti più come "nemici" che non come co-attori del processo educativo) che, quando va bene, non capiscono appieno il piccolo dio e, quando va male, non capiscono niente punto. Un'idolatria fatta di continui sì e nessun no. Un'idolatria accompagnata a solitudine digitale, ad individualismo esasperato.
E così il piccolo dio cresce pensando che non ci sia nulla che non possa avere, che non ci sia nulla che non possa fare, che non ci possano essere ostacoli sul proprio cammino, che "gli altri" siano solo dei fastidi sul proprio percorso verso la gloria del primo reality di cui saranno protagonisti. Perchè cosa è il bullizzare un anziano solo e sofferente, riprendendolo con il telefonino ed esporlo al pubblico ludibrio, se non un immenso reality show?
Il "piccolo dio" cresce con un senso di protezione, di onnipotenza e di impunità esagerati e pericolosi che lo condurranno inevitabilmente a confrontarsi con una realtà che non è quella virtuale che i suoi fedeli adepti gli hanno presentato. Una realtà che spesso gli dirà quei "no" mai ricevuti, o ricevuti in modo annoiato e blando.
E là sarà scontro, perchè...chi si può permettere di dire di no ad un dio?
E chi non coglie il nesso tra questo atteggiamento lassista/iperprotettivo e ciò che è successo a Manduria (o che è già successo altrove, non dimentichiamoci, ahinoi, che non è certo il primo episodio di violenza di cui si rendono protagonisti dei ragazzini di famiglie normali) sta facendo esattamente una cosa: mettere la testa sotto la sabbia ed alimentare ancora di più questo circolo dannoso.
Pamela Massari, insegnante
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