Che le popolazioni asiatiche mangino cavallette, coleotteri e formiche non ci stupisce più, ma siamo pronti ad accogliere anche in Italia prodotti a base di insetti, come la farina di grilli? Potrebbe accadere a breve, visto il recente via libera da parte dell’Unione Europea ai prodotti che contengono non solo farina di grillo (Acheta domesticus), ma anche le larve del verme della farina minore (Alphitobius diaperinus), vendute surgelate, in pasta o essiccate.
In realtà ci sono altri due insetti precedentemente autorizzati per l’utilizzo ai fini alimentari: larve gialle essiccate di Tenebrio molitor e Locusta migratoria congelata, essiccata e in polvere. Certo, la farina di grillo risulta essere il prodotto più camuffabile all’interno di dolci, pane o biscotti, e forse per questo più accettabile anche da parte degli italiani. Ma sarà davvero così? E poi, questi nuovi cibi sono sicuri? Il loro utilizzo riuscirà a diminuire l’impatto ambientale di alimenti proteici di origine animale come polli, ovini e bovini?
Ne parliamo con il professor Agostino Macrì , già direttore del Dipartimento di Sanità Alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità e consulente per la sicurezza alimentare dell’Unione Nazionale Consumatori.
LA FARINA DI GRILLI È SICURA?
Uno dei dubbi più frequenti sugli alimenti a base di insetti e in particolare sulla farina di grilli, riguarda la loro sicurezza. Possiamo mangiarli serenamente senza alcun rischio per la salute?
«La farina di grilli, che si ottiene macinando proprio le larve dei grilli – spiega Agostino Macrì –, è ricca di proteine e può essere utilizzata per fare qualunque tipo di alimento come biscotti, dolci, pane, pasta. Si ottiene con una tecnica di allevamento e produzione molto precisa, non dobbiamo pensare che si utilizzino i grilli selvatici, e il controllo è garantito. E non solo, la tecnica di produzione è stata valutata e validata dall'efsa, passaggio fondamentale per la messa in commercio dei novel food, ovvero tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo “significativo” in UE, e che, quindi, devono sottostare ad un’autorizzazione, per valutarne la loro sicurezza, prima della loro immissione in commercio. La farina prodotta a partire dai grilli è fatta seguendo sempre le medesime procedure e dal punto di vista sanitario è ineccepibile: non ci sono organismi patogeni, micotossine, metalli pesanti, idrocarburi. L’unico problema potrebbe essere rappresentato dalla chitina, proteina contenuta nel carapace dei grilli che, nelle persone allergiche, può dare manifestazioni che vanno dal semplice eritema cutaneo allo shock anafilattico, come vale per molti altri prodotti (arachidi o crostacei ad esempio). Un uso prolungato e frequente, anche per chi non è allergico, potrebbe portare a una sensibilizzare verso il prodotto. Ad ogni modo, i produttori industriali devono sempre segnalare cosa è contenuto negli alimenti, anche la farina di grillo».
NE VALE LA PENA?
La farina di grillo è un’ottima fonte proteica, possedendo una media di oltre il 65% di proteine ad alto valore biologico. Risulta anche ricca di fibre, calcio, vitamina B12, ferro, fosforo e sodio. Ma per quale motivo dovremmo preferirla ad altre fonti proteiche? Utilizzare la farina di grillo potrebbe rappresentare una soluzione per cercare di diminuire l'impatto ambientale causato dagli allevamenti animali?
«Sicuramente la farina di grillo e altri prodotti a base di insetti potrebbero sostituire alcuni alimenti di origine animale -prosegue Macrì -, ma per adesso si tratta di un prodotto di nicchia che, oltretutto costa molto. Si parla di circa 70 euro al chilo, mentre quella di frumento costa due euro al chilo e la farina di soia, farina vegetale più vicina a quella dei grilli dal punto di vista nutrizionale, circa tre euro al chilo. Credo invece che i prodotti a base di insetti potrebbero aiutarci nelle produzioni di origine vegetale. Ricordiamo infatti che gli animali non sono gli unici a incidere sulle nostre risorse ambientali: anche l'effetto della produzione di soia e mais è devastante. In Sudamerica, ad esempio, intere aree sono state deforestate per fare spazio non agli allevamenti animali, ma proprio a coltivazioni di soia e mais utilizzati per l'alimentazione di polli e maiali che, in quanto onnivori, non possono accontentarsi dell’erba come ovini e bovini. Non va però sottovalutato il fatto che con l'allevamento controllato degli insetti si potrebbe ridurre il consumo degli animali selvatici anche nei paesi asiatici, riducendo il rischio di contaminazioni e problemi per la salute. Per stabilire i benefici nutrizionali di questo prodotto, invece, non ci sono ancora elementi sufficienti, trattandosi di un novel food».
IL MADE IN ITALY È A RISCHIO?
La paura che il made in Italy venga minato dalla diffusione di questi prodotti della tradizione orientale ha fatto storcere il naso a molti, anche esponenti politici. Ma questo rischio è realmente presente? «Attualmente credo che il consumo in Italia di prodotti a base di farina di grilli che arriva dall’azienda vietnamita Cricket One, unico soggetto autorizzato a immettere la farina di grilli sul mercato dell’UE -precisa il professor Agostino Macrì -, sia estremamente limitato. Se in Italia si volesse iniziare una produzione autonoma sarebbe una trafila lunga: bisognerebbe rifare tutta la sperimentazione animale e umana, ottenere l’autorizzazione dell'Unione Europea e il parere all'Efsa, a meno che la ditta vietnamita non decidesse di produrre anche in Italia. Il made in Italy non è certo minato dalla farina di grilli o prodotti simili. Tra l’altro non dobbiamo dimenticare che il made in Italy è un concetto piuttosto labile, e spesso chi ne parla non ha davvero consapevolezza di dove arrivi davvero il cibo “italiano” che mangia. L'unico vero made in Italy è rappresentato dai prodotti DOP come il parmigiano reggiano, il grana padano o il provolone, realizzati interamente con materie prime italiane, escludendo il mangime degli animali che è spesso di importazione. I prodotti IGP, invece, come la mortadella di Bologna o la bresaola della Valtellina, espressione del territorio, sono prodotti in Italia, ma le materie prime sono di importazione, come accade anche per l’olio extravergine di oliva o per moltissimi prodotti panificati».
QUANTI INSETTI MANGIAMO?
Nel mondo si consumano più di 1900 specie d’insetti e, anche se nell’ Unione Europea non c’è un consumo diretto di insetti e di larve, non si può ignorare che in Sardegna, ma anche in altre Regioni italiane, esistano dei formaggi con le larve della mosca casearia, la cui produzione, per motivi igienici, è stata proibita. Se le larve del formaggio sardo non possono non vedersi e dunque possiamo decidere se cibarcene o meno, può capitare di mangiare insetti nascosti a nostra insaputa? Sì, capita, ma non c’è da allarmarsi o da sentirsi ingannati, vediamo perché. Ad esempio, cosa si usa per far ottenere il loro colore rosso caratteristico allo spritz, allo yogurt ai frutti rossi, al succo d'arancia rosso o alle caramelle gommose? Coloranti, certo. A volte sintetici, ottenuti in laboratorio, a volte baturali, ottenuti dall'essiccazione della cocciniglia, un piccolissimo insetto appartenente alla stessa famiglia della coccinella. Per ottenere il colorante rosso – utilizzato da anni nell'industria alimentare e spesso indicato con la sigla E120 – le cocciniglie vengono essiccate e successivamente macinate per ottenere una specie di polvere dalla quale, attraverso un particolare procedimento, si ricava una sostanza rossa, chiamata acido carminico. Per ottenere un chilo di colorante servono tra gli 80 mila e i 100 mila esemplari di cocciniglia. L’ingestione di insetti, oltre ai coloranti alimentari, può avvenire attraverso l’assunzione di barrette di cioccolato, insalata, marmellate, succhi di frutta, passate di pomodoro e farine dove sono in genere presenti parti di insetti. Anche mangiando alimenti pregiati come i funghi porcini possiamo mangiare insetti. Questi, infatti, sono spesso infestati dalle larve di alcuni ditteri che possono deporre le uova sul fungo da cui escono i caratteristici vermetti bianchi, a noi noti. Per quanto riguarda la farina di grilli, però, possiamo stare tranquilli, se si leggono le etichette, nessuno potrà mai mangiarli per sbaglio!
A cura di Caterina Fazion per Fondazioneveronesi.it
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile
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