La morte di un neonato a Bari, la notte del due gennaio, è qualcosa che scuote la coscienza di tutti noi!
Il neonato è stato lasciato dalla madre in una di quelle che vengono definite “culle per la vita” e che hanno sostituito le antiche “ruote” poste all’esterno degli orfanotrofi, dove, nei tempi passati, venivano lasciati i neonati che le madri/famiglie, non potevano mantenere e crescere.
Molto spesso erano ragazze madri o provenivano da famiglie che versassero in condizioni economiche di povertà.
Queste cullette, incubatrici o lettini, sono posti in luoghi dove venga tutelato l’anonimato di chi lasci il piccolo e munite di un sensore che avverta immediatamente, chi ne è responsabile (reparto ospedaliero o associazioni religiose).
Dalle prime notizie trapelate sui giornali, sembra che il neonato sia morto per ipotermia… ma sarà la magistratura a indagare a tal proposito.
Quello che sconvolge è leggere che una delle più belle leggi italiane, che consente alle donne in difficoltà di partorire in anonimato e affidare il figlio alle cure di un reparto ospedaliero e a un servizio che lo porti all’adozione, sia ancora così poca conosciuta!!!
Su questo bisogna lottare sempre!!! Bisogna andare nei centri sociali, in quelli di accoglienza, negli ambulatori medici… ovunque! Rendere capillare la conoscenza di questa legge, affinché episodi come questo, non debbano mai più ripetersi!
Tappezzare i muri delle città con manifesti in tutte le lingue del mondo, affinché le donne sappiano che siamo, o dovremmo essere, un paese civile!!!
Non bisogna lasciare sole le madri in difficoltà!!! Chi compie gesti del genere, è sempre una donna disperata, sola, vittima di abusi, di culture retrogradi, figlia essa stessa di una società che non abbia saputo tutelarla… donne straniere, prostitute, tossicodipendenti.
Non meno vittime dei loro figli!!!
Questa donna ha portato in grembo il figlio per nove mesi, sembra avesse un mese di vita, quindi da presumere che se ne sia occupata, ma quale la ragione che l’abbia portata davanti a quella culletta, non può che essere definita che come disperazione. Probabilmente avrà pensato di garantire una vita a quel piccolo ponendolo nelle mani di chi avrebbe potuto occuparsene meglio di lei.
Se un neonato che avrebbe potuto salvarsi, muore in un paese che si definisca “civile”, “progredito” abbiamo perso tutti, tutti! Perche’ quella creatura non abbiamo saputo tutelarla come avremmo avuto l’obbligo morale e culturale di fare.
Fortunata Barilaro
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