Perché Avetrana si porta un marchio! Il marchio di un omicidio che si consumò in ambito domestico, ma dove tutti apparvero colpevoli. Avetrana omertosa… Avetrana dove tutti sapevano e tacevano… Avetrana, piccolo paese, dove “tutti si conoscono e adesso tutti fanno finta di non conoscere la famiglia Misseri”…
Un marchio!
Qualche giorno fa, leggevo un’intervista al sindaco di Avetrana. Si chiedeva “cosa dovrebbero dire i siciliani dopo i tanti film di mafia”.
Posso rispondere io “al cosa si provi”.
Entrare in un negozio, in quegli anni in cui il mio accento tradiva le mie origini e, sia pure in maniera ironica, sentirti associare al termine “mafia”, fa male!
Fa molto male, perché tu pensi alle mani dure di calli e onestà di tuo padre, a quei bambini che crescono senza un genitore emigrato chissà dove, per tirare su una famiglia per bene, alle donne invecchiate precocemente, piegate sul lavoro in campagna.
Pensi ai giovani, come lo ero io all’ora, che sognavano e speravano, che andavano via cercando lavoro e studi e mai avrebbero toccato una lupara o un coltello a serramanico!
Ma il contrassegno te lo porti dietro, come un bue marchiato a fuoco dal suo padrone.
Avetrana non vuole più quel marchio!
Certo ci fu tutto il circo mediatico messo su dalla stessa Sabrina e che portò anche benessere economico e anche qualche mania di protagonismo. Inutile negarlo e, l’avvento dei social, ci ha insegnato quanto tutti siamo soggetti a questa forma di apparizione.
Ma nessuno ricorda il silenzio sceso su questo paese nelle giornate successive a quel 6 ottobre, quando Sarah non era più la ragazzina scomparsa che tutti speravamo tornasse a casa, ma un cadavere buttato in un pozzo puzzolente come la carcassa di animale, senza nessun rispetto e senza nessuna pietà.
Nessuno ricorda le facce disgustate e allibite davanti a quei pullman pieni di gente in quello che venne definito “turismo dell’orrore”.
Nessuno ricorda i cartelli sulle vetrine dei negozi, che chiedevano “silenzio”.
Nessuno ricorda il triste parallelismo tra il delitto di Sarah e quello di Yara che gli stessi media, portarono alla ribalta.
Se a Brembate era logico che nessuno avesse visto, in un tardo pomeriggio di novembre, ad Avetrana non era normale che alle 14,30 di agosto, alla famosa contr’ora, quando nemmeno i cani randagi girano per strada per il caldo, avesse visto Sarah.
Se a Brembate il silenzio era “discrezione”, ad Avetrana era “omertà”. Persino il diverso modo di vivere il dolore dei familiari venne messo sui piatti di una bilancia!
Ancora oggi, se digitate il nome “Yara Gambirasio” troverete, su wikipedia, “delitto di Yara Gambirasio”, se digitate “Sarah Scazzi”, troverete “delitto di Avetrana”.
Delitto di un’intera comunità… marchio!
Forse se la serie fosse stata girata ad Avetrana avrebbe portato un introito economico, ma non tutto può essere in vendita.
Non può essere in vendita il riscatto morale, sociale e culturale.
I siciliani, i calabresi, i campani, i sardi, onesti e per bene, ce lo insegnano e non imbracciano un’arma perché più facile e più redditizio, ma ripudiano quell’appartenenza sporca e putrida, a costo di mangiare pane e cipolla per tutta la vita!
Sarah appartiene a questa comunità! Sarah con i suoi capelli biondi e il suo viso da bambina, Sarah con il suo diritto negato alla vita.
Sarah e non i suoi assassini!
Fortunata Barilaro
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1 commento
Gregorio
mar 1 ottobre 21:40 rispondi a GregorioCondivido pienamente il tuo messaggio!