Io che parlo di cibo? Chi mi conosce sa che potrei “murare” la cucina, ma mi affascina la storia dietro la tradizione di piatti e alimenti. Non certo le ricette fatte con il “bimby” o quelle propinate da chef/star televisivi, ma ciò che si trovava sulle nostre tavole in un tempo non molto lontano. Ripercorrere la storia di quella cucina, è come tracciare la nostra stessa storia, la storia di popoli in movimento e di territorialità.
Così, rimangiando un antico piatto della cucina della mia regione, la Calabria, quella curiosità mai sopita, viene a galla tra memoria e nostalgia. In molti conoscono il baccalà, ma pochi hanno mai mangiato lo stocco fisso, o più semplicemente stocco. In realtà sono lo stesso pesce, il merluzzo, conservato in maniera diversa; il primo sotto sale, il secondo essiccato.
Come arrivò questo pesce sulle nostre tavole dalla lontana Norvegia, è storia, quella di un popolo, quello italico, di navigatori che nel 1400 portò ciò che era “pesce per i poveri” (era, perché oggi per comprare lo stocco fisso, devi accendere un mutuo), sulle nostre tavole.
Perché importante questo pesce? Perché nell’entroterra, spesso, oltre al tonno in scatola e le acciughe sotto sale, era l’unico pesce che comparisse sulle nostre tavole. Ma mentre il baccalà trovò largo uso, sia per la semplicità di preparazione che per la possibilità di varie ricette, lo stocco si fermò soprattutto in Calabria e Sicilia, anche se non solo.
Dalla consistenza legnosa, necessitava di giorni di ammollo e… qui cominciava la “tragedia” perché quell’acqua assumeva un odore “forte” che invadeva tutta la casa! Ma l’ammollo era anche il momento della verità perché solo per lo stocco di qualità la carne assumeva il colore bianco, consistente e non “limacciosa”…
Se invece diventava gialla e legnosa…? Qui si scatenavano le nostre mamme!
Chi immagini la società meridionale del passato come “patriarcale” non ha mai visto le nostre madri trasformarsi in valchirie in difesa di figli, soldi e cibo! Le ire colpivano il bottegaio di turno, o meglio la bottegaia, che se saggia taceva, se al contrario reagiva, la dolce madre di famiglia se la legava al dito a vita e non metteva più piede in quel negozio! Per non dire che la cattiva pubblicità, che non si faceva sui social, dilagava alla velocità della luce da casa in casa, sulle frequenze di radio serva!
Lo stocco dalle mie parti, si preparava e si prepara, con pomodoro, olive, aromi, patate e, immancabile, peperoncino. Il sugo serviva per condire la pasta e qui, mia madre, nonostante non piacesse a nessuno, tranne a lei, tassativamente doveva essere linguine! Alle nostre proteste la risposta era lapidaria e non ammetteva appello:
«Con lo stocco fisso ci vanno le linguine!» Chi sia interessato alla ricetta, la trova su internet o la chieda a mia sorella. Io? Io mi limito a mangiare a raccontare storie…
Fortunata Barilaro
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