«CAP. I: La Famiglia Imperiali
Imperiali – o Imperiale. Se intendiamo rispettare la più antica onomastica – è il nome di una delle più note famiglie principesche d’Europa, protagoniste della storia italiana ed europea e tra le principali del panorama delle famiglie aristocratiche italiane, originaria della Repubblica di Genova.
STEMMA ARALDICO
Arma: d’argento al palo d’oro cucito, caricato da un’aquila spiegata di nero coronata d’oro, linguata di rosso, coronata con tre torri, posata su un rostro, con la testa rivolta a sinistra – a significato del diritto di posizionarsi alla destra dell’Imperatore – le ali inclinate in “volo ribassato”. Lo scudo accollato all’aquila imperiale.
ORIGINI
Originata dalla nobilissima e Dogale famiglia Imperiale di Genova, detta anticamente Tartaro, discende dai conti di Ventimiglia, come conferma un privilegio dell’Imperatore Carlo VI d’Asburgo.
(…) La famiglia tra i XIII e il XIV secolo fu tra quelle che più si distinsero nella lotta contro i Saraceni, pertanto negli anni 1308-1311 circa, i Tartaro ottennero dall’imperatore bizantino Andronico Paleologo II il privilegio di assumere il nome di “Imperiale” e di inserire l’aquila imperiale con la testa rivolta a sinistra (indicante il diritto di posizionarsi alla destra dell’Imperatore) nello stemma di famiglia per i servizi e la disponibilità resa, presumibilmente economica (altri diversamente attribuiscono questa nomina all’imperatore Enrico VII di Lussemburgo).
MEMBRI ILLUSTRI
Davide Imperiale (1540-1612), primo marchese di Oria, signore di Francavilla e Casalnuovo-Manduria “capitano di galere”. In occasione della battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 contro l’Impero Ottomano, poiché una nave turca minacciava di speronare la galea Capitana al cui comando era Marcantonio Colonna, ammiraglio della flotta pontificia e comandante in seconda dell’intera flotta cristiana, sacrificò eroicamente la propria nave, schiantandosi contro la nave turca per proteggere la nave del Colonna.
Cap. II: Il Palazzo e la sua storia
Il palazzo Imperiali-Filotico, fatto edificare in Manduria dai principi Imperiali di Francavilla dopo il 1717, passato poi al ramo Imperiali di Latiano ed infine ai Filotico agli inizi del secolo XIX, è uno dei più vasti palazzi feudali del Salento.
Davide Imperiale (1540-1612), patrizio di antica famiglia genovese, al comando di cinque galee partecipò alla battaglia di Lepanto, vinta dall’Occidente cristiano contro i Turchi. Come ricompensa per il suo comportamento eroico, ottenne nel 1572 da Filippo II, re di Spagna, il vasto feudo di Oria, Francavilla e Casalnuovo in Terra d’Otranto.
(…) Dalle rare e scarne fonti bibliografiche e documentali, si apprende che don Michele III Imperiali, principe di Francavillae signore di Casalnuovo commissionò una nuova residenza feudale nel 1717 (iscrizione sul portale di accesso al piano nobile «Michael Imperialis A.D. MDCCXVII») da erigersi appunto in Casalnuovo, sui ruderi di un antico maniero di probabile epoca normanna.
La costruzione del Palazzo fu avviata ufficialmente in data 17 marzo 1719 sull’intero lato ad Oriente dell’allora Largo Porta Grande – l’attuale Piazza Garibaldi – con l’intento, l’idea, l’ottica di rappresentare un nuovo elemento fondamentale in un importante piano di rinnovamento urbanistico della città, secondo criteri squisitamente barocchi, perseguito mediante la creazione di nuovi assi prospettici rivolti a occidente, verso l’esterno della cinta muraria antica.
(...)
L’autore del progetto del Palazzo è tutt’ora ignoto, e va ricercato con ogni probabilità nella cerchia degli architetti romani che lavoravano per il cardinale Giuseppe Renato Imperiali, all’epoca responsabile di numerose committenze nello Stato Pontificio.
È invece accertato, in base a un documento dell’epoca, il ruolo di direttore dei lavori di Mauro Manieri (1687-1744), architetto leccese, impegnato in uno dei suoi primi incarichi di rilievo, la costruzione dell’ala sud-est fu invece interrotta nel 1738, per la morte di Michele III Imperiali. Il nipote Michele IV, erede nella successione, trascorse la sua vita per lo più a Napoli dove morì nel 1782 senza lasciare discendenza. L’edificio, non ultimato e probabilmente mai utilizzato dalla famiglia dei feudatari, passò per alcuni anni al Regio Fisco, fu quindi occupato dall’esercito francese nel 1806, per essere poi riacquistato nel 1808 da Vincenzo Imperiali, marchese di Latiano e nuovo principe di Francavilla in burgensatico, alla morte del quale, avvenuta il 5 marzo 1816, pervenne in successione il figlio Federico II che nel 1827 lo vendette a Don Vincenzo Filotico, suo procuratore ed agente generale.
Cap. III: La famiglia Filotico
ORIGINI E PROVENIENZA
Di evidenti origini greche i Filotico giunsero in Casalnuovo nella prima metà del ‘500 provenienti da Monacizzo (attualmente frazione di Torricella (Ta), ma ad essa preesistente). Capostipite del ramo manduriano della famiglia fu Giulio Filotico, coniugato con Perna di Carluccio di Carovigno (Br).
(…) Secondo la tradizione, i Filotico accumularono cospicue ricchezze con il commercio delle stoffe, inserendosi nel secondo XVIII nella borghesia intellettuale cittadina. A partire dalla fine del ‘700, la famiglia fu presente anche in portici (Na), dove Don Vincenzo Filotico intrattenne intensi rapporti economici anche con gli Imperiali, dai quali acquistò infatti nel 1827, assieme al nipote Raffaele, il palazzo di Manduria, nonché parte dei possedimenti ex feudali, tra cui il diruto castello di Uggiano.
STEMMA GENTLIZIO
Dalla seconda metà dell’Ottocento, secondo gli usi della famiglie “di distinta civiltà” dell’epoca, le quali vivevano more nobilium, anche la famiglia Filotico ebbe uno stemma gentilizio, senza corona, con elmo chiuso posto di lato, recante la seguente blasonatura: “Alla biscia in palo al naturale, sormontata da tre gigli d’azzurro, 1 e 2, e la bordatura di rosso”. La biscia in araldica simboleggia il vero repubblicano, che per il bene della patria con la sua morte dona agli altri la vita, indica inoltre perspicacia, prudenza e vigilanza. Con ogni probabilità, tale iconografia è riferita al martirio del canonico Filotico avvenuto a seguito dei Moti repubblicani del ’48. Questo stemma venne usato soltanto da alcuni componenti della famiglia.
LA FAMIGLIA E IL PALAZZO
Nel 1827 Don Vincenzo Filotico, assieme al nipote Raffale, acquistò dagli Imperiali, con i quali, come già detto in precedenza, intratteneva intensi rapporti economici, il Palazzo di Manduria, privo però di arredi e suppellettili, nonché parte dei possedimenti ex feudali. Al fine poi di rientrare nel pieno possesso anche di un ampio locale al piano terreno del lato nord-est del Palazzo, con affaccio sull’allora Piazza delle Erbe – l’attuale Piazza Commestibili – così detta in quanto eletta a luogo di mercato serale per la vendita di verdure e ortaggi, i Filotico si videro costretti ad intentare causa nei confronti del Comune, che da anni utilizzava tale vano per la trattazione pubblica di tutti gli affari comunali, senza poterne però vantare alcun titolo, né di proprietà, né di locazione o comodato. In tale porzione di fabbricato, detta “Sedile comunale”, si reggeva la giustizia di un mastro mercato in tempo di fiera, si dava notorietà alle Leggi, vi si celebravano tutte le feste civili, si teneva la posta ed il gioco del lotto.
(...)
Cap V: L’architettura del Palazzo
(…)
Per il disegno dello scalone si è avanzata un’ipotesi di attribuzione al napoletano Ferdinando Sanfelice (1675-1748), ma essendo esso crollato con il terremoto del 1743 e ricostruito poi in epoca successiva su nuovo progetto, può apparire assai verosimile che esso possa essere opera del Vanvitelli, sia per le palesi affinità artistiche, ma anche e soprattutto per la stretta amicizia personale che lo legava a Michele IV Imperiali.
Il Palazzo è edificato con conci di tufo duro lasciato a “pietra vista”, si articola secondo lo schema classico della dimora urbana, a pianta quadrata di m 60 circa per lato ed è isolato sui quattro lati; con grande atrio centrale collegato, attraverso le scuderie, alla strada retrostante; esso infine si sviluppa su tre piani definiti per un’altezza di 22 m circa.
Per lo stile severo e austero, risultano evidenti le caratteristiche di unicità nel panorama del tardo barocco salentino, dal quale esse si discosta decisamente; interessanti appaiono, invece, le analogie con esempi tardo manieristici romani a cavallo tra XVII e XVIII secolo. L’unica concessione al gusto rococò del tempo è costituita dalla lunga balconata in ferro lavorato “a petto d’oca”, motivo ispirato al palazzo ducale di Martina Franca.
Il prospetto del Palazzo è costituito da tre grandi aggetti con un portale simile ad un protiro severo e maestoso, in stile neoclassico e con due colonne rastremate sotto l’architrave, dal quale si dipartono due volute, al centro delle quali vi era, un tempo, uno stemma araldico, staccatosi nel 1947 e andato poi definitivamente perduto.
Sopra il portale insiste una balconata lunga circa sessanta metri, con una ringhiera in ferro sorretta da quarantaquattro mensoloni, con montanti a ricche cimase e passanti in ottone, si compone di tratti decorati da regolari motivi geometrici a losanghe e tratti panciuti lavorati in bandella ricurva, mentre sullo spigolo a sud-est è sistemato lo stemma della famiglia Imperiali-Simiana. Si accede alla balconata da quindici porte a vetri ed in asse, ed al terzo livello, insistono quindici aperture ovoidali che danno luce ed aia ai magazzini.
Dal maestoso portale fiancheggiato da due colonne di ordine toscano, si accede all’androne, proseguendo si giunge all’atrio. Sul fondo, il portale di accesso alle scuderie, poste sul lato orientale del palazzo. Di rilievo è la monumentale scalinata barocca a doppia rampa, aperta sull’atrio secondo una tipologia che all’epoca ebbe grande diffusione soprattutto a Napoli. Dal portale d’ingresso posto alla sommità della scala, si accede direttamente al salone principale da cui hanno origine sia l’infilata degli ambienti del piano nobile, che le scale che conducono agli appartamenti del secondo piano.
Nella tradizione popolare, il palazzo è detto “delle 99 stanze”: si narra infatti che per volontà del Sovrano fosse vietato, per gli edifici feudali, il superamento di tale consistenza. Effettivamente il conteggio risulta verosimile, ma si tratta probabilmente di un caso: il complesso, in base al progetto, avrebbe dovuto superare il numero di 120 vani, ma la costruzione dell’ala sud-est fu interrotta nel 1738, per la morte di Michele III Imperiali.»
Tratto dal libro “Il Palazzo Imperiali-Filotico di Manduria, Paolo Provveduto Ed. Provveduto 2014”
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