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Tendinopatia prossimale degli ischiocrurali, qual è il miglior approccio terapeutico

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La tendinopatia prossimale degli ischiocrurali è un disturbo muscolo-scheletrico che può affliggere la popolazione sportiva ma anche quella sedentaria.

Gli sport più predisposti sono quelli sottoposti ad accelerazioni improvvise della corsa.

La diagnosi è prevalentemente clinica: la descrizione del dolore insidioso quasi sempre circostante all’area della tuberosità ischiatica, ovvero la piega glutea, l’aggravamento del dolore durante la flessione dell’anca come nell’atto di eseguire degli affondi, correre in salita e lo stare in posizione seduta, l’evocazione del dolore alla palpazione e una batteria di test clinici che risultino positivi aumenta la probabilità di essere di fronte ad una tendinopatia prossimale degli ischiocrurali.

La risonanza magnetica ha un’alta prevalenza di referti dove si evidenziano cambi strutturali dei tendini in popolazioni che non hanno sintomi, per questo dovrebbe essere utilizzata più per eseguire una diagnosi differenziale nel qual caso ci siano dei dubbi.

Attualmente non vi è un miglior approccio terapeutico per questa condizione.

In letteratura sono descritti vari interventi conservativi tra cui infiltrazioni di cortisone, infiltrazioni di plasma ricco di piastrine, onde d’urto ed esercizio terapeutico associato o meno a terapia manuale.

L’esercizio terapeutico ha l’obiettivo di incrementare fisiologicamente la capacità di carico del tendine attraverso cambiamenti strutturali e funzionali. La durata del trattamento dipende principalmente dalla richiesta di aiuto del paziente: un atleta professionista tenderà a richiedere un intervento tale da poter ritornare a prestazioni sportive sufficienti mentre una persona sedentaria vorrà magari semplicemente eliminare il dolore fastidioso mentre è in ufficio.

Gli esercizi proposti saranno dapprima di bassa intensità per poi progredire in base alla sintomatologia lamentata dal paziente.

È bene rassicurare che dolore non significa necessariamente danno e, nel caso della gestione terapeutica delle tendinopatie, una soglia bassa di fastidio 24 ore dopo esercizi specifici è utile per “riallenare” il tendine ed eliminare il dolore.

Esercizi di bassa intensità possono essere il ponte a leva lunga isometrico o plank da supino. Ci si sdraia supini e puntando talloni, dorso e braccia si solleva il bacino per 30 secondi se tollerato.

Gradualmente si possono inserire esercizi come il ponte da supini dapprima bipodalico e poi monopodalico, dapprima senza peso e poi con l’aggiunta. Prima con i piedi a terra poi poggiati su una panca piana, una sedia o una gym ball.

Gli esercizi verranno scelti sulla base della sintomatologia del paziente con l’obiettivo di arrivare a parametri di forza e flessibilità tali da giustificare il ritorno allo sport. Un programma di prevenzione secondaria può aiutare a non avere recidive.

Matteo Erario fisioterapista

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