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Non riesco proprio a pensare questi due sentimenti in maniera distaccata l’uno dall’altro, quasi come se essi girassero lungo una circonferenza con velocità variabili: sono distanti, ma possono avvicinarsi e superarsi con una facilità impressionante.
Non è nuova la cosa, certo, ma provate a pensare come un sentimento d’amore possa dissolversi in uno d’odio e viceversa l’odio nell’ amore, scombussolando la realtà delle due parti.
Un giorno mi capitò di leggere una frase: dai più grandi odi nascono i più grandi amori. Personalmente la reputo una cosa bellissima, poiché la capacità di una persona di ricredersi è una sensazione eccezionale; grande, infatti, è chi non mantiene ferme le sue idee, ma le lascia evolvere e tendere ad un miglioramento. Nella vita in genere, non solo nei rapporti interpersonali, è bene adattarsi ai cambiamenti, senza assumere nei loro confronti un atteggiamento di rifiuto e di prevenzione.
Intelligente è chi riesce a stare dietro alle modificazioni sociali, storiche, umane senza farsi travolgere ma facendole proprie.
Dunque, pensate quanto sia importante “rileggere” eventi, fatti e persone con degli occhi nuovi, con la mente rinnovata da qualche lieto evento. Ed è solo grazie a questi mutamenti del nostro essere che magari possiamo arrivare ad amare anche il nostro più acerrimo nemico.
Colpito e incuriosito da quella frase letta, per la sua capacità di essere così ottimista e ben promettente per il nostro futuro, mi misi alla ricerca di un qualcosa di simile che però avrebbe invertito i termini della formulazione. Cominciai a chiedermi se fosse stata possibile la dicitura inversa: è possibile che si può arrivare ad odiare una persona dopo averla amata?
Il dubbio mi assaliva continuamente; pensai, allora, di eliminare dapprima la parola “grandi”, visto che quando si comincia a quantificare un sentimento, si finisce col renderlo statico, soprattutto se, come in questo caso il passaggio è da una sfera positiva (l’amore) ad una negativa (l’odio).
Allora: dall’amore può nascere l’odio?
Tuttora non sono in grado di dare una risposta esauriente, ma forse ragionarci un po’ su può aiutarci almeno a tracciare un identikit della persona che dovrebbe subire questo cambiamento così radicale.
Come deve essere un soggetto capace di odiare chi ha amato?
Al di là di quanto abbia amato, cosa deve scattare in lui affinché possa passare da uno stato di grazia ad uno di perdizione? Questa deve essere, essenzialmente, una persona delusa dall’amata a tal punto da essere capace di cancellare tutto ciò che di bello c’è stato, o quanto meno metterlo da parte. Solo la delusione può far subentrare in noi un sentimento di distruzione nei confronti di un nostro simile. E solo in questo caso l’odio può sopraffare l’amore.
L’odio, a differenza dell’amore, in via del tutto generale, può avere varie letture e cause. Esso può derivare dall’antipatia, da qualche torto ricevuto, da conflitti d’interessi, o, ancora, può essere semplicemente un meccanismo di autodifesa, espressione della mancanza della capacità di amare.
L’amore no, non ha bisogno di giustificazioni, né di processi esplicativi. L’amore esiste in quanto è, colma gli animi degli esseri viventi quasi sempre senza una ragione specifica.
Non si sa mai perché si ama, talmente è irrazionale e istintivo tale sentimento. Per non parlare poi degli innamorati; essi vivono realmente in un mondo parallelo, si distaccano dalla realtà, si rinchiudono in un’esistenza propria che trova compimento nello sviluppo del rapporto stesso.
Ancora una volta vorrei porre l’accento sulla stranezza di questi due sentimenti: da un lato abbiamo l’amore che è “uno stato di grazia”, bello e per niente dannoso; dall’altro l’odio, che esiste come opposto dell’amore, devastante e negativo.
E secondo voi, l’uomo riesce meglio ad amare o ad odiare?
Vista la natura un po’ autolesionista del genere umano, mi sento di dire che l’uomo riesce decisamente meglio ad odiare. Basta sfogliare un qualsiasi giornale per rendersene conto. Quante cattiverie nel mondo, quanti orrori, quante devastazioni. L’uomo è l’unico essere vivente capace di uccidere i suoi simili, l’unico che crede di poter decidere della vita dei suoi fratelli. Un tale atteggiamento potrebbe essere concepito tra le bestie, abituate e costrette alla sopravvivenza, ma non nel nostro mondo. Eppure non è così.
Mi rendo conto che ragionando in modo così negativo, rischio di tralasciare quanto di buono fanno determinate categorie di persone. I volontari, i martiri, i santi, insomma tutti quelli che praticano l’amore finiscono con l’essere ridotti a delle pure e semplici eccezioni, a formare una ristretta cerchia di “strani”, quando poi, invece, il bene dovrebbe essere la normalità.
E tu sai più odiare o amare?
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