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Riflettori su ...?

Animalisti=razzisti cattiva equazione

Animalisti=razzisti cattiva equazione Animalisti=razzisti cattiva equazione | © n.c.

In merito all’articolo apparso su questo giornale mercoledì 9 gennaio 2019, intitolato “Se quei migranti fossero cani”, vorrei condividere qualche riflessione.

Vorrei far notare come nell’articolo in oggetto si cada (involontariamente?) in un errore abbastanza grossolano comunemente chiamato “fare di tutta l’erba un fascio” (“fascio” è proprio il caso di dirlo).

Non mi riferisco alla discutibile allusione sulla presunta predisposizione degli animalisti al “virus” del razzismo-il sottoscritto è un grande amante degli animali senzaper questo essere né un suprematista bianco, né un semplice sostenitore di Salvini, figuriamoci un suo “burattino” (Sic!) -, bensì dell’equazione, che sembra aleggiare tra le righe di tutto l’articolo (mi sbaglio?): razzisti = coloro che chiedono semplicemente di porre dei limiti ai flussi migratori. Un’equazione che, in termini matematici, si potrebbe definire “impropria” e che in termini di puro confronto dialettico risulta essere invece una pura generalizzazione, anzi, una vera e propria banalizzazione.

Banalizzazioni di questo tipo(un’altra simile che me ne viene in mente è: antisionista=antisemita), hanno l’effetto (involontario?) di chiudere la porta a qualunque confronto, “scomunicando” e “criminalizzando” a prescindere chiunque voglia manifestare anche un minimo dubbio, esprimere anche la più piccola critica su un certo argomento.

Nella questione dei migranti non è affatto vero che tutti coloro che chiedono di controllare i flussi in entrata siano razzisti ed egoisti che non vogliono aiutare i meno fortunati. E non è neppure vero che tutti vorrebbero vedere i naufraghi abbandonati in mezzo alle onde del mare: ma un conto è il soccorso (un dovere morale, prima ancora che legale) e tutt’altra cosa è l’accoglienza a tempo più o meno lungo sul territorio italiano.

Esattamente come un conto è essere razzista e tutt’altra cosa è porre domande legittime del tipo: è realisticamente possibile continuare ad accogliere migliaia e migliaia di nuovi venuti che necessitano di tutto, se, ad oggi, non si è neppure in grado di garantire una degna esistenza a tutti i cittadini italiani?

È logico pensare di riuscire a integrare nella comunità tanti nuovi venuti se non si è ancora riusciti a integrare adeguatamente tutti gli stranieri già residenti da tanti anni in Italia?

Visto che le migrazioni sono fonte di povertà sia per i Paesi di origine (perché li privano delle potenziali risorse umane necessarie allo sviluppo), sia per i Paesi di arrivo (perché li fanno diventare teatro di una competizione tra poveri: le fasce deboli della popolazioni locali e i nuovi arrivati), non vi è contraddizione tra affermare di voler combattere la povertà e assecondare i flussi migratori?

Francesco Fontana

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