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Caso Scazzi, scomparsa l'arma del delitto
Caso Scazzi, scomparsa l'arma del delitto | © n.c.AVETRANA - La cinta utilizzata per strangolare Sarah Scazzi, non era più nel posto dove l’aveva lasciata Michele Misseri il giorno dell’omicidio della nipote: qualcuno l’aveva spostata e forse distrutta. Questo e tanto altro si apprende dal verbale dell’ultimo interrogatorio di zio Michele fatto in carcere lo scorso 19 novembre con la formula dell’incidente probatorio. Incalzato dal pubblico ministero, Mariano Buccoliero, il contadino rivela particolari importanti di quel tragico pomeriggio. «Io pensavo che era la cinta mia che usavo sempre in campagna, l'ho presa e l'ho appesa al muro», dice Misseri nel ricordare i momenti in cui, alla presenza della figlia Sabrina, liberò il collo di Sarah dalla stretta mortale. «Poi non l'ha più trovata quando ha fatto il sopralluogo?», gli chiede il gip Martino Rosati riferendosi al giorno in cui l’indagato fu portato nel garage per simulare quei tragici momenti. «Esatto – risponde Misseri - ed io ho pensato, ho detto: “Allora se non ci sta qua sta nella macchina». La cinta che lui stesso quel giorno fece trovare nella Seat Marbella, però, non era la stessa che avvolgeva il collo della nipote. E’ altrettanto improbabile che l’arma del delitto sia tra i reperti analizzati dai Ris di Roma. L’ipotesi che sia stata successivamente distrutta, quindi, è più che verosimile per gli inquirenti che disperano di trovare risposte in quella direzione. Nelle 373 pagine dell’interrogatorio, il cui contenuto varrà come prova nel processo, Michele Misseri appare molto confuso, in alcuni momenti contraddittorio, in evidente difficoltà soprattutto nell’esprimersi con chiarezza. Piange quando ricorda i momenti più cruenti dell’occultamento e ricorda i goffi tentativi di farsi scoprire. Il primo, avvenuto al ritorno da contrada Mosca dove aveva appena seppellito il corpo della nipote, ha del grottesco. Davanti ai magistrati, avvocati e consulenti, Michele racconta il luogo dove ha lasciato il telefono di Sarah: : la caserma dei carabinieri di Avetrana, il posto più affollato di investigatori. «Non c’era nessuno, ho preso il cellulare, ho parcheggiato in senso inverso. (…) Ho aperto e l'ho messo vicino al “bacchettone” (marciapiede, nda), il cellulare, proprio di fronte alla caserma». Lì il Vodafone di Sarah Scazzi è rimasto, racconta sempre Misseri, «per tre o quattro giorni», senza essere mai visto. Più triste un altro episodio di quel tragico 26 agosto riferito sempre dal contadino di Avetrana in sede di incidente probatorio. Dopo aver lasciato il cellulare sotto gli occhi dei carabinieri, Michele si recò a casa della nipote dove trovò il cognato Giacomo, papà di Sarah, che dormiva nella macchina. La moglie, i parenti e gli amici erano già preoccupati per la scomparsa della figlia mentre lui si era addormentato nell’auto parcheggiata vicino casa. Così Misseri racconta quella scena irreale: «Allora l'ho svegliato. Ho detto io: "Si è saputo niente?" (della sparizione di Sarah, nda). Ha detto: "Non lo so". "E loro?". "Con tua moglie stanno assieme", cioè a giro, forse alla caserma, non lo so dove». Dal punto di vista delle indagini, intanto, ieri il medico legale Luigi Strada, perito della procura, ha fatto chiarezza sulle voci di una possibile posticipazione dell’orario della morte della ragazza dovuta alla presunta assenza di cibo nello stomaco rilevata in sede autoptica. «Nessuno può ancora dire – ha dichiarato Strada - che nel contenuto gastrico non troveremo residui di alimenti».
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno
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1 commento
lucas59
dom 28 novembre 2010 01:48 rispondi a lucas59AVETE PROVATO AD ANALIZZARE LA CINTURA VERDINA DELLA BORSA CHE LA SCIURA SABRINA HA SEMPRE CON S IN TUTTE LE INTERVISTE RILASCIATE DALLA SUDDETTA STAR?SECONDO ME PROPRIO QUELLA L'ARMA DEL DELITTO! FURBA LA SABRINA EHH?