Lunedì, 28 Aprile 2025

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Tombaroli nella chiesetta di San Pietro Mandurino

Tombaroli nella chiesetta di San Pietro Mandurino Tombaroli nella chiesetta di San Pietro Mandurino | © n.c.

Mentre ieri abbiamo parlato dell’anniversario della statua eretta in onore di San Paolo della Croce nell’atrio della omonima chiesa manduriana, la “Gazzetta del Mezzogiorno” riportò una notizia che interessò un’altra chiesa di Manduria, ma che si discosta completamente dall’evento raccontato da noi (e dal quotidiano dell’epoca) il giorno prima. Il 30 giugno 1972 il giornale informò i lettori di alcuni atti di vandalismo che riguardarono la piccola chiesa di San Pietro Mandurino, nei pressi della zona archeologica. La piccola cappella, diventata meta turistica per la presenza di numerosi antichi affreschi e giudicata dall’autore dell’articolo «la più interessante attrazione turistica di Manduria», fu «preda di vandali e scavatori clandestini che stanno letteralmente distruggendo» il bellissimo sito turistico. Questi deturpamenti furono eseguiti da «tombaroli della peggiore specie», che agirono indisturbati data la morte del vecchio custode. L’amministrazione manduriana dell’epoca, però, anziché assumere un altro sorvegliante, destinò la chiesetta al completo abbandono, tenendo «chiuso il cancelletto d’ingresso per tutti i visitatori» e rendendola quindi vulnerabile agli attacchi dei malviventi. L’articolo passò in rassegna di tutte le malefatte che la chiesa era costretta a subire. «Persino il muretto di cinta del cortile che circonda la chiesetta – spiegava il giornalista – è stato demolito. Sono state “attaccate” anche le stesse pareti che hanno funzione di protezione dei sotterranei dove si trovano preziosi dipinti sugli intonaci».

Lo spettacolo fu definito dall’autore come «desolante», se si tiene conto del fatto che la chiesa di S. Pietro Mandurino nasconde al suo interno una cripta di tipo bizantina «che è immediatamente precedente – spiegava l’autore – ad una tomba a camera di età ellenistica». Il quotidiano fa sapere che circolava una leggenda intorno alla chiesetta, secondo cui «sarebbe stato lo stesso primo Apostolo, di passaggio a Manduria, a consacrare il tempietto ed a dipingere insieme ai suoi discepoli le pareti sotterranee», che costituiscono la sua maggiore attrazione. L’articolo, che vanta la presenza della “chiesa profanata” tra i numerosi siti oggetti di studio da parte «dell’istituto di letteratura cristiana antica dell’Università di Bari con la collaborazione della sovrintendenza di Taranto» che ha messo a disposizione dei fondi per «completare le ricerche e sistemare in maniera decente e definitiva la chiesetta e la zona circostante», rivelava però che i finanziamenti «stanno per esaurirsi». Inoltre, suggeriva all’amministrazione di provvedere «alla sistemazione, anche turistica, più degna dell’importanza del complesso».

Con la conclusione dei lavori (bloccati evidentemente dalla scarsa disponibilità di denaro, ndr) «si dovrebbe finalmente stabilire, in maniera certa – ipotizzava il giornalista – la cronologia dell’intero complesso (rimasta ancora un mistero a causa di alcuni pesanti interventi effettuati nel Settecento, che impedirono una chiara lettura della struttura e delle pitture ormai quasi totalmente scomparse. Seconde le più affidabili ipotesi, il periodo di costruzione della chiesa spazierebbe tra il X e il XII secolo, ndr)». L’autore dell’articolo intendeva convincere l’opinione pubblica dell’importanza di sostenere le spese per la protezione e ristrutturazione della piccola chiesa informando i lettori che «sono venute alla luce una decina di tombe scavate nella roccia ed aventi una forma antropoide (destinate cioè agli uomini, ndr)», proprio sotto il pavimento della chiesetta. Queste, se confrontate con quelle scoperte nella zona di Matera e Canne, potrebbero rivelare la presenza di una «necropoli dell’alto medioevo» nella zona.

Antonio Dinoi

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