
«Vogliono farmi "confessare" una condotta di vita licenziosa e irrispettosa nei confronti di mio marito che è morto; lo fanno perché sono una donna, fossi stata un uomo non sarebbero scesi così in basso». Eleonora Coletta è un'avvocata di Taranto che al giudice del Tribunale civile, dove sta cercando giustizia per la morte del marito, dovrebbe rispondere a domande che definirle imbarazzanti è dire poco. «Domande sessiste oltre che oltraggiose - le definisce lei - che denigrano me in quanto donna e moglie, offendono la memoria di mio marito e provocano indicibile dolore alle mie figlie».
La storia è questa. La professionista, ex responsabile dell'ufficio legale della Asl di Taranto ed ora dipendente Inail con le stesse funzioni, è la vicepresidente del comitato «Verità e Giustizia vittime Covid Moscati di Taranto - Per non dimenticare». La sua è una delle tante famiglie che nel periodo pandemico hanno perso in quell'ospedale un padre, una madre, un figlio un parente e che sono convinte che ad uccidere i propri cari non sia stato il Covid ma la malasanità. Lei che su quelle dolorose testimonianza ha scritto un libro inchiesta intitolato «Canale terminale», in quel reparto in due giorni ha perso il padre e il marito. E per quest'ultimo che la sua ricerca di giustizia è arrivata al capolinea per la parte civile mentre per quella penale si sta indagando ancora. Lei e le tre figlie chiedono la condanna della Asl che si oppone affidando incarico ad un avvocato del foro di Lecce. È sua l'idea di improntare la difesa toccando aspetti privati delle parti offese per le quali Eleonora Coletta chiederà l'intervento del Comitato pari opportunità di genere dell'Ordine degli avvocati. La richiesta sulla quale ora si dovrà esprimere il giudice, di sentire le parti offese, è stata depositata agli atti del processo e notificata alle interessate, la moglie e le tre figlie appunto. Che dovranno rispondere, secondo l'avvocato della Asl, a domande di questi tipo. Se è vero che la moglie-madre «conduceva una vita autonoma rispetto a quella del marito e coltivava autonome relazioni affettive extraconiugali»; se «trascorreva separata dal marito tutte le festività e le ricorrenze»; se «trascorreva il tempo libero con propri amici e affetti»; e persino se «coltivava hobbies diversi dal marito».
Ed altre dello stesso tenore. «Pur di non riconoscere le proprie responsabilità la Asl, non producendo nessuna prova, è arrivata a definirmi una fedifraga riportando circostanze oltraggiose che rimarranno nel dubbio di chi li legge», afferma Coletta. «Qualcuno dovrà pagare aggiunge per queste domande diffamatorie e lesive del mio onore, sessiste e discriminatorie, formulate avendo in mente un ideale di rapporto coniugale, di moglie, di famiglia in violazione della legge sulle pari opportunità». E ancora. «Offendere in questo modo una donna vedova e delle ragazze orfane e il deceduto, sia inconcepibile e riprovevole». Per quale scopo, poi, è la domanda che dovrebbe imporsi su tutto. «Devo ringraziare i magistrati civili che si stanno occupando di questi delicati giudizi, per la loro libertà e la trasparenza tesa alla ricerca della verità giuridica», conclude Coletta.
Nazareno Dinoi su Quotidiano Puglia
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1 commento
Domenico
dom 30 marzo 11:31 rispondi a DomenicoL'avvocato che si è reso protagonita di questi fatti deve vergognarsi. Evidentemente non è in grado di svolgere la sua professione con dignità, onore e professionalità.