
La prima volta che passai dal corridoio del nostro reparto, notai un paziente curvo sul tavolo. Pensai che stesse scrivendo, ma il mio occhio registrò qualcosa di particolare. Su quel tavolo c’erano matite, gomma da cancellare e una scatola di colori.Per chi come me ami disegnare, la curiosità di avvicinarmi e scoprire cosa stesse facendo, fu irresistibile. Che meraviglia scoprire che stesse disegnando!
Da quel giorno, ogni mattina, non posso non fermarmi “in quella prima stanza”, scoprire i suoi disegni, parlare di matite e carta. Parlare anche un po’ di noi e di quel mondo in comune.
Mi ha mostrato alcuni suoi lavori, fotografati sul cellulare, io gli ho mostrato i miei, ma lui è molto più bravo di me perché ha una mente fotografica che lo porta a ricordare i particolari e riprodurli su di un foglio di carta, mentre io ho sempre bisogno di un’immagine davanti per poter disegnare.
La cosa che ci accomuna più di ogni altra è che per entrambi il disegno è “catartico”, ci permette di estraniarci e di vivere un’esperienza interiore che sia solo nostra, di placare anche gli stati d’animo di ansia e irrequietezza.
Oramai Silvio, questo il suo nome, è conosciuto da tutti noi come “il paziente artista” e non sono la sola a fermarmi per ammirare i suoi disegni. Questa mattina, mentre vado verso la sua stanza, è lui ad attendermi nel corridoio. Mi dona un suo disegno ed è la cosa più grande e bella che potessi ricevere!
Io so cosa significhi ogni singolo tratto di matita, ogni sfumatura… io so che mi sta regalando parte di sé stesso! Silvio ha portato bellezza tra le mura di un ospedale, ha portato la sua arte ad addolcire quelle stanze piene di angoscia e dolore.
Silvio cura un po’ tutti noi con la sua matita, mentre noi curiamo il suo corpo. Spero che presto ritorni a casa, alla sua vita normale, alla sua famiglia, ma io conserverò il ricordo di quest’uomo curvo su di un foglio e con una matita in mano. Grazie Silvio.
Fortunata Barilaro
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