Dopo sette anni dall’inchiesta «Impresa» sfociata nello scioglimento per mafia del comune di Manduria e sei anni di processo, l’ultimo imputato inquisito che aveva scelto il rito ordinario, tra i 75 coinvolti a vario titolo nell’operazione condotta dalla polizia con il coordinamento della direzione distrettuale antimafia di Lecce, è stato assolto.
Difeso dagli avvocati Antonio Liagi e Francesco Caforio, il 42enne Ferdinando Portogallo doveva rispondere di furto. Secondo l’accusa, lui con altre persone non identificate, si sarebbe introdotto nell’abitazione di un avvocato facendo razzia di tutto ciò che di valore era contenuto nell’appartamento. Oltre a due televisori, un orologio, una collezione di monete antiche, un tablet Apple e la somma di 200 euro in contanti, il presunto ladro si sarebbe impossessato del computer cancellando dalla memoria tutti i file di lavoro del professionista. Sei anni di udienze si sono conclusi con l’assoluzione per non aver commesso il fatto dell’imputato coinvolto nel blitz del 2017 che scompaginò un’organizzazione criminale di stampo mafioso portando in luce presunte infiltrazioni con la politica.
Secondo la Procura distrettuale antimafia, il clan diretto dal manduriano Antonio Campeggio (detto ‘Tonino scippatore’), Antonio Buccoliero (detto ‘Peppolino capone’) e Francesco D’Amore, non si occupava soltanto di spaccio di stupefacenti, estorsioni e riciclaggio di merce rubata, ma avrebbe procurato voti in occasione delle amministrative manduriane di maggio 2013 con lo scopo di ottenere il controllo sugli appalti pubblici.
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1 commento
Tommaso
mar 22 ottobre 09:18 rispondi a TommasoQuindi tutto a tarallucci e vino?