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Tutte confermate anche in Cassazione le condanne inflitte dalla corte d’appello nel processo sulla «cupola» mafiosa che aveva base a Manduria con la costituzione di una nuova frangia della sacra corona unita. La suprema corte ieri sera ha emesso il verdetto che respinge tutti i ricorsi fatta eccezione per quello di un imputato, l’imprenditore di pompe funebri manduriano, Michele Trombacca, la cui condanna a 8 anni di reclusione del primo e secondo grado è stata annullata con rinvio. Per gli altri imputati, passati i tempi tecnici delle notifiche, si dovranno aprire le porte delle carceri, salvo per alcuni di loro che hanno già pagato il conto nel regime cautelare.
Si chiude così il capitolo di un’inchiesta condotta dalla squadra mobile di Taranto e dalla polizia di Stato del commissariato di Manduria su delega della Procura distrettuale antimafia di Lecce. I reati contestati vanno dal traffico di droga, estorsione, porto e uso di armi e, il più grave, di aver dato vita ad una cosca mafiosa sulle orme della sacra corona unita nei comuni del versante orientale della provincia di Taranto e in altri centri del brindisino. Nella sua requisitoria di ieri la procura generale aveva chiesto il rigetto per tutti e l’inammissibilità del ricorso per alcuni.
Il secondo grado di giudizio si era chiuso a gennaio scorso con condanne per un totale di 53 anni e mezzo di reclusione con sconti di pena per 22 imputati e 9 conferme rispetto al primo grado. Le condanne più severe erano state inflitte ai tre presunti capi della «cupola mafiosa», i manduriani Giovanni Caniglia, Nazareno Malorgio e Walter Modeo. Pena a 15 anni e 5 mesi per il primo e a 15 anni il secondo. A carico di Modeo, giudicato con il rito ordinario, sono andati 16 anni. Erano stati 17 in tutto gli imputati che avevano scelto di concordare la pena affrancandosi così una buona dose di anni da pagare oltre al primo sconto di pena, pari ad un terzo di quello previsto, avendo scelto il rito abbreviato in sede di udienza preliminare.
Questo era stato l’esito dei concordati (nelle parentesi la condanna del primo giudice): Alessandro Andrisano 6 anni e 2 mesi (9 anni e 10 mesi); Gianluca Attanasio 4 anni (4 anni e 10 mesi); Mario Buccolieri 6 anni e 10 mesi (9 anni e 10 mesi); Giovanni Caniglia 15 anni e 5 mesi (20 anni); Emidio Carella un anno e 4 mesi (2 anni e 2 mesi); Andrea Ridge Carrozzo 2 anni e 9 mesi (4 anni e 2 mesi); Gregorio Destratis 7 anni (10 anni e 6 mesi); Teresa Dimitri 5 anni (8 anni e 10 mesi); Maurizio Malandrino 8 anni e 2 mesi (10 anni e 8 mesi); Raffaele Malandrino 8 anni e 2 mesi (10 anni e 8 mesi); Nazareno Malorgio 15 anni (20 anni); Fabio Mazzotta 2 anni e 10 mesi (4 anni e 4 mesi); Leonardo Palmisano 5 anni e 10 mesi (7 anni e 6 mesi); Dario Portogallo 6 anni e 6 mesi (9 anni e 2 mesi); Maurizio Scialpi 2 anni e 10 mesi (4 anni e 2 mesi); Pietro Spadavecchia 5 anni e 4 mesi (8 anni e 2 mesi); Antonio Stano 6 mesi (10 mesi). Pene ridotte anche per chi ha scelto il giudizio ordinario: Pierluigi Chionna 6 anni e 10 mesi (8 anni e 2 mesi); Francesco De Cagna eliminate le pene accessorie della interdizione in perpetuo dai pubblici uffici (1 anno e 1 mese); Walter Modeo 16 anni (20 anni); Raffaele Pagano riconosciuta la non menzione nel certificato giudiziale (1 anno e mezzo); Angela Maria Pedone 6 anni e 8 mesi (10 anni e 3 mesi). Confermate le condanne per Alessandro Caniglia (8 mesi); Antonio Cioffi (6 anni e 8 mesi); Valentino Corradino (3 anni e 4 mesi); Vincenzo Mazza (10 mesi); Gianvito Modeo (9 anni e 2 mesi); Antonio Pangallo (8 anni e 1 mese); Emanuele Pastorelli (10 mesi); Giuseppe Policastro (1 anno e 8 mesi); Michele Trombacca (8 anni).
Agli undici imputati con a carico l’aggravante mafiosa il giudice d’appello aveva addebitato inoltre le spese di giudizio a favore del comune di Manduria che si è costituito parte civile con l’avvocato Cosimo Romano. Nutrito il collegio difensivo composto dagli avvocati Davide Parlatano, Massimo Mero, Giuseppe Masini, Salvatore Maggio, Sergio Luceri, Alessandro Cavallo, Lorenzo Bullo, Antonio Liagi, Cosimo Parco, Michele Fino, Francesco Fasano, Dario Blandamura, Giuseppe Presicce, Giuseppe Giulitto, Francesca Coppi, Fabio Falco, Cosimo Micera, Manolo Gennari, Raffaele Missere, Serena Missere, Franz Pesare, Armando Pasanisi, Cinzia Filotico, Mario Rollo, Gianluca Parco e Sara Piccione. L’accusa era stata sostenuta dal pubblico ministero Milto Stefano De Nozza.
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