Mercoledì, 5 Febbraio 2025

Giudiziaria

Tutti dovranno comparire il 20 settembre prossimo alle ore 9, davanti al giudice del Tribunale per i minorenni di Taranto per rispondere, in concorso tra loro, di...

Giudizio immediato per i bulli, a settembre si apre il processo

La casa di Stano La casa di Stano | © La Voce di Manduria

Le due procure tarantine hanno messo le ali per chiudere le indagini sui bulli di Manduria. Il pubblico ministero Pina Montanaro, capo della Procura per i minorenni, ha chiesto alla giudice Paola Morelli che lo ha concesso, il giudizio immediato nei confronti dei tredici minori indagati, dodici dei quali rinchiusi nel Fornelli di Bari e uno a piede libero. Tutti dovranno comparire il 20 settembre prossimo alle ore 9, davanti al giudice del Tribunale per i minorenni di Taranto per rispondere, in concorso tra loro, di violazione di domicilio, lesioni personali, percosse, molestie, furto, sequestro di persona e, il più pesante di tutti, di tortura aggravata dalla sopraggiunta morte del pensionato Antonio Cosimo Stano, vittima di vessazioni di ogni genere durate nel tempo. Con quest’ultima imputazione rischiano una condanna a trent’anni di reclusione. A breve la stessa cosa farà il pubblico ministero Remo Epifani, con i tre maggiorenni arrestati, Gregorio Lamusta di 19 anni, Antonio Spadavecchia di 23, in carcere dal 30 aprile scorso e Vincenzo Mazza, diciannovenne, destinatario della stessa misura emessa lo scorso 26 giugno nel secondo blitz firmato dalle due procure ed eseguito dagli agenti della questura di Taranto e del commissariato di polizia di Manduria.

Il giudizio immediato, chiesto dal pubblico ministero quando è convinto di avere nelle mani tutti gli elementi di colpevolezza a carico degli indagati, fa saltare l’udienza preliminare davanti al gup passando così al dibattimento. Contro questa ipotesi possono opporsi i difensori che entro quindici giorni dalla notifica potranno chiedere il rito abbreviato e sperare, in caso di condanna, in una pena scontata di un terzo.

L’accelerata dei pubblici ministeri si era già vita all’indomani del deposito della perizia autoptica sul copro del pensionato manduriano ed eseguita dal medico legale barese Liliana Innamorato, quando dagli uffici delle due procure erano partiti gli avvisi di garanzia con fissazione di nuovi interrogatori di tutti gli indagati. In quella mossa gli inquirenti avevano inserito nuovi capi di imputazione con quella della morte quale concausa dei pestaggi e vessazioni ripetute negli anni. Non solo. Nel nuovo filone d’inchieste, i due pubblici ministeri, Montanaro per i minori e Epifani per i maggiorenni, avevano introdotto tra le vittime altri due disabili manduriani, anche loro oggetto di scherno e di violenze da parte di almeno due baby gang denominate «la banda degli orfanelli» e «ultima ti carniali».

Questo secondo filone d’indagini, oltre a fare emergere nuove presunte responsabilità, descriveva con maggior chiarezza quello che può essere definito come un «format dell’orrore». Il sistema che emergerebbe dalle carte dell’accusa sarebbe questo: i bulli individuavano la vittima, sempre sola e indifesa, quindi si dava vita ad un gruppo social che aveva il doppio scopo di radunare il branco all’ora e sul luogo convenuto ed anche di diffondere le violenze che venivano documentate sui videotelefonini. Tutto era codificato, preciso e terribile come nei giochi estremi dove si scommette su qualcosa di proibito e pericoloso. In questo caso a rischiare erano persone inermi impossibilitate a difendersi. La posta in gioco era il divertimento che doveva essere assicurato. Eloquente questa intercettazione finita nelle mani degli inquirenti. «Non ti diverti? Ti faccio vedere io se non ti diverti pizzarrone… non c’è nessuno meglio, che cazzo ce ne fottiamo, stasera ti faccio vedere io come ti diverti». Queste conversazioni in chat contenuti nei telefonini sequestrati, assieme ai video autoprodotti, sono diventati una prova schiacciante per l’accusa che proprio per questo ora chiede di chiudere i conti con il giudizio.

Nazareno Dinoi

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