
Nessun rimborso è dovuto ai medici fiscali per l’uso dell’auto privata durante le visite a domicilio dei lavoratori assenti per malattia. Lo ha stabilito definitivamente la Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso presentato da un medico legale in servizio nel distretto sanitario di Manduria, chiudendo così un contenzioso lungo oltre un decennio.
Il professionista aveva avviato un’azione legale già nel 2012, chiedendo all’Asl di Taranto il riconoscimento di un rimborso forfettario di 10 euro per ogni visita fiscale effettuata con la propria auto tra il 2009 e il 2012, per un totale richiesto di circa 25.000 euro.
In primo grado il Tribunale di Taranto gli aveva dato ragione, condannando l’Asl al pagamento della somma, oltre alle spese legali. Ma l’azienda sanitaria non si era arresa e aveva fatto appello, ottenendo una sentenza ribaltata in secondo grado. Da qui il ricorso alla Suprema Corte da parte del medico, che però si è concluso con una netta bocciatura.
I giudici della Cassazione hanno infatti ribadito che il rimborso fisso può essere riconosciuto solo nel caso in cui le visite fiscali siano richieste da datori di lavoro privati, che provvedono a rimborsare l’Asl. Per i lavoratori pubblici, invece, il costo è a carico delle pubbliche amministrazioni e non risulta che l’Asl abbia ricevuto tali rimborsi. Di conseguenza, non sussiste alcun obbligo di corrispondere indennità extra al medico.
Nel ricorso, il legale del professionista si era appellato all’accordo regionale per la medicina generale, che prevede rimborsi specifici per l’uso dell’automezzo privato. In particolare, era stato citato un decreto del Ministero del Lavoro che stabilisce un corrispettivo fisso di 10 euro per visite effettuate fuori dal centro urbano e nel raggio di 20 km. Ma per la Cassazione, tali normative valgono solo se supportate da effettivi trasferimenti economici verso l’Asl.
Inutili anche i tentativi di far leva su presunte consuetudini amministrative: il medico sosteneva che fino al 2008 l’Asl avesse regolarmente riconosciuto quei rimborsi, salvo poi sospenderli senza spiegazioni. Ma la Corte ha ribadito un principio fondamentale: “Un’eventuale prassi amministrativa non può prevalere sulla normativa nazionale”.
La sentenza, ormai definitiva, chiude così la lunga disputa legale e lascia al medico legale del distretto di Manduria non solo la delusione per la mancata indennità, ma anche il conto delle spese legali: 3.700 euro tra onorari, esborsi e accessori.
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