
Prima Cavaliere della Repubblica, ora Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana. L'ultima onorificenza, la più prestigiosa, sarà consegnata oggi dal prefetto di Lecce, Natalino Domenico Manno, al luogotenente in pensione, carica speciale dell'Arma, Fabrizio Viva, ex comandante della stazione carabinieri di Avetrana. La cittadina nota per uno dei più discussi e seguiti episodi di cronaca nera d'Italia, il delitto di Sarah Scazzi, dove il militare plurimedagliato ha diretto per 31 anni la locale caserma ed anche tutte le fasi dell'inchiesta sull'uccisione della quindicenne scomparsa il 26 agosto del 2010 e fatta ritrovare 41 giorni dopo, dallo zio Michele Misseri, strangolata e gettata in un pozzo. Quasi impossibile parlare di quella truce storia senza accennare al ruolo avuto dall'investigatore che vive ora a Galatina, sua cittadina natale, e dove questa mattina ritornerà dopo l'emozionante cerimonia di assegnazione dell'onorificenza.
Non a caso tra i ventuno motivi dell'encomio firmati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, c'è quello del periodo Scazzi. «Evidenziando elevatissime qualità professionali, non comune intuito investigativo e altissimo senso del dovere si legge -, forniva determinante contributo a complessa indagine che consentiva di identificare e trarre in arresto gli autori dell'efferato omicidio di una minore (Sarah Scazzi). L'operazione riscuoteva il pubblico unanime plauso, esaltando il prestigio e l'immagine dell'Istituzione», conclude la lode al maresciallo. In effetti non c'è stata attività in quelle settimane che non sia passata dalle sue mani. Dalla denuncia di scomparsa della quindicenne, presentata il pomeriggio del 26 agosto del 2010 dalla madre Cosima Serrano Spagnolo e dalla zia della minore, Cosima Serrano (quest'ultima poi condannata per l'omicidio della nipote in concorso con la figlia Sabrina Misseri), al tragico recupero del corpo di Sarah avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 ottobre di quell'anno. Suo e dei suoi uomini al comando il recupero del telefonino di Sarah fatto ritrovare dallo zio Michele in un uliveto non lontano dal paese e ancora suo il compito di accompagnare gli inquirenti nei luoghi teatro del noir: il pozzo in contrada Mosca, il vecchio casolare dove era cresciuto Michele Misseri, il grande albero di fico dove il contadino spogliò il corpo senza vita della nipote prima di gettarlo nel pozzo.
C'era sempre lui quando fu arrestata Sabrina Misseri e ancora lui quando fu portata in carcere anche la madre Cosima. Fu infine sua la prima intuizione che si rivelò poi essere all'origine del crimine. Erano i primi giorni della misteriosa scomparsa di Sarah. Il suo piccolo ufficio della caserma di via Magenta cominciava ad essere meta dei giornalisti, prima della carta stampata, ancora pochi i televisivi, e spesso accadeva che ci s'incontrava attorno alla sua scrivania. Si parlava ancora di rapimenti, di fuga d'amore, di zingari, di traffico di esseri umani o di organi, di messe nere. Si parlava e ci si confrontava e a un certo punto il comandante Viva tirò fuori quella frase: «E se Sarah è poi arrivata a casa degli zii?».
Nazareno Dinoi su Quotidiano di Puglia
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