
Alle prossime elezioni non potranno candidarsi quattro degli ex amministratori del consiglio comunale sciolto per mafia. Sono l’ex sindaco Roberto Massafra, l’ex assessore Massimiliano Rossano e i due ex presidenti del Consiglio comunale, Nicola Dimonopoli e Vincenzo Andrisano. Lo hanno deciso i giudici del Tribunale di Taranto accogliendo parzialmente la richiesta di incandidabilità proposta dal Ministero dell’Interno. Potranno infatti candidarsi nella prossima tornata elettorale l’ex assessore Cosimo Lariccia e l’ex consigliere comunale e attuale consigliere regionale Luigi Morgante nei confronti dei quali il Ministero aveva proposto la stessa misura di impresentabilità.
Nei loro confronti, la corte composta dai magistrati Marcello Maggi, presidente, e dai giudici Patrizia Nigri e Enrica Tursi, ha ritenuto inconsistenti le accuse che, secondo la commissione d’accesso prima e il ministro dopo, proverebbero l’esistenza di interessi con esponenti della malavita organizzata. In entrambi i casi la loro responsabilità in atti illegittimi è stata ritenuta generica e comunque prima di oggettive responsabilità. Al consigliere Morgante, ad esempio, difeso in questo procedimento dallo studio legale Quinto di Lecce, già indagato e assolto con la formula del «non luogo a procedere» nell’inchiesta dell’antimafia «Impresa» che è quella che ha aperto le porte allo scioglimento del comune, veniva contestata una sua presunta richiesta di aiuto ad esponenti della mala per la restituzione di una macchina rubata alla moglie che fu successivamente ritrovata dai carabinieri.
«Generiche» anche le accuse nei confronti di Lariccia coinvolto nella vicenda per un suo presunto interessamento per l’ottenimento dei permessi per uno spettacolo musicale organizzato da un imprenditore coinvolto e arrestato nella stessa inchiesta condotta dall’antimafia leccese.
Anche per l’ex sindaco Massafra il Tribunale ha fatto cadere diversi episodi di presunti suoi interessi con elementi della malavita locale. Tra questi è stato ritenuto inesistente quello del suo ipotizzato interessamento nell’assunzione di un pregiudicato da parte di un’impresa che aveva vinto un appalto per conto del comune. Così come anche quella che il ministro e la commissione d’accesso avevano definito come unaincauta «tolleranza» nell’aver affidato l’organizzazione della Fiera Pessima ad una impresa già indagata perchè accusata di aver falsificato la documentazione di gara. Non gli è stato invece perdonato un suo «comportamento irrituale» nella gestione dell’assegnazione degli alloggi popolari. Nell’ammettere una affidataria precedentemente esclusa (ritenuta vicina ad un clan mafioso), Massafra avrebbe assunto un comportamento, scrivono i giudici, «se non con certezza per una specifica intenzione di favorire o agevolare obiettivi di interessi dell’associazione mafiosa, quantomeno per una intervenuta alterazione dell’azione amministrativa rispetto ai parametri di imparzialità e trasparenza conseguente all’acquisita consapevolezza di pressioni da parte di soggetti collegati al sodalizio criminale mafioso». Confermate e ritenute valide, infine, le motivazioni di incandidabilità per aver favorito l’infiltrazione dell’ente con la malavita, degli altri tre ex amministratori, Dimonopoli, Rossano e Andrisano, quest’ultimo non indagato nell’inchiesta penale come Massafra e Lariccia.
Nazareno Dinoi su Quotidiano di Puglia
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