Alla fine dell’Ottocento ancora non esisteva la televisione, né tantomeno i social network. Il teatro e l'opera erano le forme di intrattenimento più popolari.
La musica era un elemento centrale della vita sociale. Concerti di musica classica e orchestre sinfoniche erano apprezzati dalla borghesia, mentre le classi lavoratrici frequentavano spettacoli più accessibili come i concerti di musica popolare, le bande di paese e i caffè concerto.
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Anche gli spettacoli di varietà, con le loro performance di cantanti, ballerini, illusionisti e comici, erano molto amati dal pubblico.
Fu in questo contesto che mosse i primi passi l’operetta, un genere di spettacolo che a differenza dell'opera, che spesso esplora temi drammatici e tragici, tende a concentrarsi su storie leggere e umoristiche, con frequenti numeri di danza, come il valzer e la polka, che aggiungono vivacità e spettacolarità alle rappresentazioni. Le trame dell’operetta solitamente ruotano attorno a malintesi amorosi, inganni e situazioni comiche.
Ed è proprio sul malinteso amoroso che si fonda l’intreccio de “Il Paese dei Campanelli” di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, una delle operette più celebri tra quelle italiane, che a distanza esatta di un secolo è stata inscenata nella serata di chiusura della stagione estiva 2024 del Taranto Opera Festival, al suo terzo sold out di fila. Un record che non arriva inaspettato, visto il percorso di crescita dell’Associazione Domenico Savino, fatto di sforzi, competenze, artisti nazionali e internazionali e una partecipazione crescente di pubblico sempre entusiasta.
La storia è molto originale e si svolge in un pittoresco villaggio immaginario dell’Olanda chiamato "Il Paese dei Campanelli” (ma che per l’occasione, non esplicitamente, è stato ambientato in una Taranto di fine Ottocento, data l’assonanza col porto e i marinai).
Ogni casa del villaggio è dotata di un campanello magico che suona ogni volta che un abitante del villaggio tradisce il proprio partner.
E fin qui tutto bene (i campanelli non hanno mai suonato), finché arriva una nave di marinai inglesi che, guidati dal capitano Hans, presto iniziano a corteggiare le mogli dei locali, causando scompiglio e gelosia tra i mariti. La tensione cresce quando i campanelli iniziano a suonare incessantemente, rivelando i tradimenti, sia delle mogli con i marinai, che dei mariti con le ballerine (che a loro volta sono mogli dei marinai).
Alla fine i marinai verranno allontanati dal villaggio (il tutto in tono scherzoso e di festa) e gli abitanti decideranno di perdonare i reciproci tradimenti, uscendone più forti e più uniti come comunità. E così i campanelli smettono di suonare, segnando il ritorno della pace e della serenità nel villaggio.
Lo spettacolo è riuscito bene, tante le risate, e tante le mani che accompagnavano gli intermezzi musicali, come pure le numerose ovazioni del pubblico tarantino, che in ambito musicale si rivela da sempre competente, esigente, e caloroso se lo si merita, perché Taranto ha una lunga e importante storia di teatro e di cultura musicale.
Il Taranto Opera Festival è una realtà che in questo momento storico è molto importante per la città e la sua provincia: c'era una forte necessità di riportare la stagione d'opera con programmazione, continuità e dignitosa professionalità. Il Direttore Pierpaolo De Padova e il Direttore Artistico Cuccaro ci sono riusciti alla grande e il nostro augurio è quello di una presenza sempre maggiore di spettacoli e repliche (non limitandosi a solo due): il pubblico è pronto e risponderà certamente bene.
Per “Il Paese dei Campanelli” è tornato da protagonista nella sua città d’origine, Taranto, Domingo Stasi, tenore di esperienza e fama internazionale.
È stata già annunciata la stagione invernale 2025 e i titoli sono pazzeschi: dalla Turandot di Puccini, al Don Pasquale di Donizetti e Così fan tutte di Mozart. Non vediamo l’ora di rivedervi all’Opera!
Davide Re
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