Mentre in via San Gregorio Magno accadeva di tutto, a venti passi dal civico 8 dove abitava il disabile morto per cause ancora da accertare, la parrocchia di San Giovanni Bosco, al più frequentata dai giovani per la presenza di campi da calcio ed altre attrattive (ora tutto demolito per una riedificazione da 5,5 milioni di euro), educava i suoi ragazzi alla vita religiosa. A chiedersi se adempisse anche ad altri compiti sociali, è stato ieri il procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo. «L’istituzione religiosa cosa faceva? Su questa struttura continuano le nostre attenzioni. Non posso anticipare a», ha detto il numero uno degli inquirenti facendo intendere possibili sviluppi anche in quel settore. Il procuratore Capristo che da due mesi, con la sua struttura e quella della Procura per i minorenni stanno lavorando per scardinare la malapianta di una generazione malata, ha fatto questa sottolineatura rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva appunto se vi fossero responsabilità in altre parti della società che bisogna ancora scandagliate. Con stupore dei presenti che non si aspettavano certo un riferimento così diretto all’oratorio annesso alla chiesa intitolata al santo dei giovani, Capristo ha addirittura definito questo «un passaggio essenziale». Proseguendo il discorso, il procuratore ha spiegato che «questa struttura religiosa che raccoglieva tutta una serie di minori, compresi quelli responsabili di queste azioni, effettivamente ci ha lasciati, uso un eufemismo, perplessi, per non essere intervenuta in tempo utile».
Evidentemente non saranno passate inosservate le dichiarazioni rese dal parroco don Dario De Stefano che sentito dagli investigatori in qualità di persona informata sui fatti, ha dichiarato di aver saputo che il suo dirimpettaio era stato oggetto di insulti da parte di ragazzi e che qualche volte si era trovato anche testimone. Solo che non sospettava che gli insulti fossero diventati vere e proprie aggressioni che la procura ha classificato come torture.
Molto significativo, in proposito, è anche l’intervento di un educatore della parrocchia, R. D., che su Facebook, dopo la diffusione delle prime notizie sulle malefatte della baby gang, ha pubblicato un lungo intervento che testimonia come le violenze su Stano fossero conosciute da molti. Nel descrivere «un tessuto sociale che si sta deteriorando sempre di più», l’educatore confida le sue difficoltà nel cercare di interagire con i ragazzi e poi ammette: «personalmente – scrive - ho ripreso tante volte i ragazzi che bullizzavano il signore, chiamato le forze dell’ordine e chiamando i genitori, ma senza risultati». Alle famiglie si è anche rivolto il procuratore Capristo. «Ci vuole però - ha rilevato - un’azione sinergica. Mi rivolgo alle istituzioni ufficiali e so che i tre commissari di governo alla guida di Manduria stanno facendo un lavoro
splendido, ma anche alle scuole, ai Servizi sociali e soprattutto alla famiglia».
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1 commento
Alessandro il grande
gio 27 giugno 2019 12:33 rispondi a Alessandro il grandeIo invece mi chiederei di più dove erano le istituzioni