Giovedì, 19 Settembre 2024

Giudiziaria

Le richieste della pubblica accusa

Un ergastolo e tre condanne per 66 anni per il delitto del cavalcavia

Nonno e nipote intercettati Nonno e nipote intercettati

Rischia il carcere a vita Vincenzo Antonio D'Amicis, imputato principale per il delitto del cavalcavia dove la notte tra il 22 e il 23 febbraio del 2023 il corpo ferito a morte di Natale Naser Bahtijari, 21enne leccese di etnia rom, fu scaraventato e lasciato lì per essere poi bruciato. Pesanti anche le richieste di condanna per gli altri due imputati: 28 e 26 anni di reclusione per Simone Dinoi e Domenico D'Oria Palma, anche loro con D’Amicis quella stessa notte. Sono queste le richieste del pm dell’antimafia leccese, Milto Stefano De Nozza, al termine di una requisitoria che è stata una ricostruzione puntuale della brutale uccisione del giovane. «Quando andrete a determinare le pene non dovete giudicare solo l’omicidio, ma anche come è nato e cosa è stato fatto alla vittima», ha detto De Nozza rivolto alla Corte d’assise descrivendo le oltre cinquanta pugnalate inferte sul corpo del leccese e ripercorrendo i venti minuti di agonia di Natale Naser.
I tre imputati rispondono di concorso in omicidio pluriaggravato dai motivi futili, dall'avere agito con crudeltà e dal metodo mafioso; di tentata distruzione e soppressione di cadavere; di concorso in porto in luogo pubblico di armi da punta e da taglio; di detenzione illegale e ricettazione di arma e relativo munizionamento.
Nessun dubbio, per il pm, il movente da ricondurre al mancato pagamento di una fornitura di droga che i tre manduriani avevano acquistato dal fratello di Bahtijari e che quella sera avrebbero dovuto saldare consegnando il denaro al giovane venuto per riscuotere.     
Secondo la ricostruzione della pubblica accusa, all’arrivo a Manduria il ventunenne leccese si sarebbe incontrato con D’Amicis e D’Oria Palma che lo avrebbero portato nel bar Bunker del centro storico dove sarebbe avvenuta una prima violenta aggressione. Già gravemente ferito, Naser Bahtijari sarebbe stato portato fuori dove ad aspettare i tre c’era Dinoi, l’unico quella sera ad avere la disponibilità di una macchina. I quattro si sarebbero poi recati alla periferia della città messapica dove avrebbero fatto una sosta. Qui sarebbe avvenuta una seconda brutale aggressione della vittima che, sfinita e ferita in più parti, continuava a supplicare i suoi aguzzini di fermarsi mentre la cimice della polizia montata sulla macchina di Dinoi che da tempo indagava sul traffico di droga tra Manduria e Lecce, registrava ogni parola, ogni lamento, ogni rumore sordo dei pugni e tutte le ferite inferte sul ventunenne ormai morente. Portato nuovamente a peso nella macchina, fu poi portato sul cavalcavia della Bradanico Salentina e gettato di sotto. Il corpo finì nel terrapieno tra i cespugli della fitta vegetazione che lo nascose. Questo impedì a D’Oria e Dinoi, tornati poco dopo per quello lo scopo, di cospargerlo di benzina e dargli fuoco.
Nel frattempo l’imputato principale, D’Amicis, con il nonno Vincenzo Stranieri, detto «stellina», ex boss della sacra corona unita, si portavano in piazza con l’intento, sostiene sempre l’accusa, di impossessarsi della Fiat 500 con cui Naser Bahtijari si era recato a Manduria. I due avrebbe raggiunto la vettura con a bordo due ragazze che accompagnarono la vittima, costringendole a lasciare il mezzo e a consegnare loro le chiavi, con frasi minacciose («scendete dalla macchina o vi sparo in testa»). Per questo il pm De Nozza ha chiesto per «stellina» una condanna a 12 anni di reclusione.
Le prossime due udienze, fissate per il 27 giugno e 4 luglio, saranno dedicate alle parti civili, la mamma, tre fratelli e una sorella della vittima, assistiti rispettivamente dagli avvocati Renata Minafra, Ladislao Massari e Stefano Stefanelli. Si è costituita anche la compagna del 21enne, con il loro figlioletto di pochi mesi che non ha mai conosciuto il padre, assistiti dall’avvocato Stefano Patì.
Il collegio difensivo degli imputati è invece affidato agli avvocati Armando Pasanisi, Franz Pesare, Lorenzo Bullo, Michele Iaia e Massimo Chiusolo.

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5 commenti

  • Franco
    dom 2 giugno 18:42 rispondi a Franco

    Sono spazzatura e come tale va smaltita dal sociale

  • Marco
    dom 2 giugno 13:39 rispondi a Marco

    Le ragazze in auto tutte gasate per un po' di roba?? Che SqUAlLore Certe ragazze di oggi valgono meno di 10e

  • Giusy
    sab 1 giugno 15:49 rispondi a Giusy

    Come al solito la giustizia italiana zoppica tanto. Ma lasciamo che il pm faccia la sua parte cioè quella del gufo e quindi ha seminato anni e anni che poi non si concluderanno così. Vogliamo parlare del nonno? Quello che amate tanto chiamare “stellina” che si è fatti 34 anni in carcere dii seguito e al 41 bis? Lo volevano fare uscire morto? Non ci sono riusciti. Il destino ha voluto che si ammalasse di tumore e che gli venissero asportate le corde vocali! Quindi chiederei al pm visto che nell’auto c’erano le cimici hanno ascoltato chi? che diceva o scendete o vi sparo? Se è senza voce! il pm aveva accanto i santi medici che gli facevano da traduttori? E bastaaaaaa! Un nonno che è accorso a ciò che avrà detto il nipote e non certo la verità che ha solo preso l’auto facendo scendere le ragazze prima che gli addossassero un altro sequestro di persona. Quindi pm 12 anni per cosa? Vergogna

    • Miminu
      dom 2 giugno 08:49 rispondi a Miminu

      Tranquilla Giusy, “stellina” parla parla,… parla poco ma parla , poi, per quanto riguarda il pm non l’avrà mica suggerito la sfera 🔮magica 🪄, c’è sempre la testimonianza delle due ragazze ! Aggiungo, sono sempre notizie lette sui quotidiani, la famosa CIMICE stava nella vettura di Simone Dinoi. Comunque, spero che la magistratura faccia il suo dovere e finire subito questa brutta faccenda.

  • Massimo
    sab 1 giugno 13:21 rispondi a Massimo

    A tutti devono dare l'ergastolo e buttare la chiave, anche al nonno che fino a poco tempo fa non poteva restare richiuso perché era malato.....!

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