Le foto

Sarebbe stata la consapevolezza, o il timore, di perdere la battaglia legale per l’affidamento del figlio a scatenare la furia omicida di Luigi Alfarano, il cinquantenne tarantino che l’altro ieri sera ha ucciso prima la moglie, Federica De Luca, di 30 anni e poi il figlio Andrea di appena tre (da Facebook, la foto della mano del piccolo in quella della sua mamma), prima di suicidarsi con un colpo di pistola nella bocca. Non voleva darla vinta alla moglie con la quale da un paio d’anni viveva un rapporto da separati in casa e che era si era decisa a chiedere l’affido esclusivo del piccolo Andrea. Proprio quel pomeriggio della tragedia la coppia aveva appuntamento con l’avvocato matrimonialista per definire la questione che sarebbe stata poi affrontata davanti al giudice. Avrebbe perso il figlio, la moglie che già aveva perduto, mentre a lui sarebbe toccato trovarsi casa. All’appuntamento con l’avvocato non si è presentato nessuno perchè martedì in quelle ore si è consumata l’ultima furiosa lite. I due avranno urlato, ci sarà stata una colluttazione, forse sotto gli occhi increduli del piccolo Andrea che era lì in casa perché la madre lo aveva preso dalla scuola materna nel primo pomeriggio. Nessuno potrà mai dirlo, ma è doloroso pensare che quegli occhi impauriti abbiano potuto vedere la sua mamma morire.
I poliziotti che sono entrati per primi dopo che i pompieri avevano sfondato la porta d’ingresso, hanno trovato il corpo senza vita della donna disteso sul pavimento del soggiorno. Indossava una tuta e presentava evidenti segni di percosse soprattutto al volto. Vicino a lei il cuscino con il quale, si presume, sia stata soffocata sino alla morte per mano del marito. La mente malata dell'omicida ha poi fatto il resto con un gesto che di umano non ha niente: si è recato con il figlio nella casa di campagna, venti minuti di macchina, e lì ha freddato il piccolo con un colpo di pistola alla nuca, poi un ultimo per lui, con la canna della Beretta ficcata in bocca.
Oggi pomeriggio saranno eseguite le tre autopsie. Il pubblico ministero a cui è toccato il caso, il sostituto procuratore Remo Epifani, ha affidato al medico legale Marcello Chironi il compito di stabilire le cause della morte della donna, le uniche ancora non chiare. Da una prima ricognizione del cadavere effettuata dallo stesso Chironi, sembra che a causare il decesso sia stata l’asfissia. Ma dagli ematomi e traumi presenti su varie parti del corpo, non è da escludere che a provocare la morte possa essere stata una lesione interna, un’emorragia ad esempio, e che il cuscino trovato vicino al cadavere sia stato usato per completare in silenzio la feroce esecuzione. Sarà l’autopsia a dare queste risposte. Il resto si sa già. Fine di una storia, di una bruttissima storia con tre vite stroncate, due famiglie distrutte e tanta amarezza per il piccolo Andrea che ha trascorso gli ultimi minuti della sua vita nella macchina con il padre che aveva deciso di sopprimerlo perché nessun altro si prendesse cura di lui.
Intanto l’Ant, l’associazione contro i tumori per la quale lavorava l’omicida suicida, ha diffuso un comunicato stampa in cui si chiarisce il vero ruolo del suo dipendente che nelle prime ore era stato scambiato per medico. «In qualità di dipendente amministrativo – si legge nella nota partita dalla sede nazionale dell’Ant a Bologna -, Luigi Alfarano ha contribuito allo sviluppo logistico e alla promozione delle attività di Ant a Taranto, dove ogni giorno assiste gratuitamente 400 malati di tumore». Anche l’Ordine dei medici della provincia di Taranto ha voluto chiarire la falsa attribuzione. A farsene carico è stato il presidente Cosimo Nume. «Il signor Luigi Alfarano – scrive - non era un medico. Ciò non toglie a, purtroppo - continua lo scritto del presidente Nume - all'orrore per questa tragica vicenda».
Nazareno Dinoi sul Quotidiano di Taranto
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